Catfishing, gli adolescenti e i falsi profili sui social

A oltre 6 ragazzi su 10 è capitato di imbattersi in profili falsi sui social, e quasi la metà confessa di averli creati, soprattutto per divertimento. Si tratta del fenomeno Catfishing, ovvero la pratica di “pescare” immagini e informazioni dagli account dei social media al fine di creare una nuova e finta identità online utilizzando quella di un altro individuo come se fosse la propria. Il Catfishing, inizialmente diffuso fra gli adulti, sta prendendo piede anche tra i giovanissimi. Per questo motivo Kaspersky ha realizzato un’indagine sul fenomeno, condotta insieme al Giffoni Innovation Hub, per sensibilizzare ragazzi e genitori a essere più consapevoli.

Quanto è importante sapere con chi si chatta?

In generale il Catfishing viene visto come qualcosa che coinvolge soprattutto i giovanissimi (72%), anche se il 17% pensa riguardi principalmente il mondo degli adulti, e il 13% solo persone molto deboli e fragili. Alcuni, inoltre, sottovalutano il pericolo e non lo ritengono tale, a meno che non si tramuti in truffa economica, ricatto o minaccia (14%). Se oltre il 65% considera fondamentale informarsi, e l’85% è cosciente della serietà del fenomeno Catfishing, sono in particolare le ragazze le più preparate sul tema (62%), contro il 43% dei maschi. Le ragazze poi sono anche le più sensibili, ritenendo importante sapere con chi si chatta realmente. Il 73% di loro, infatti, dà un voto massimo a questo aspetto, rispetto al 50% dei maschi, riporta Ansa.

Cosa spinge a mentire online?

L’ossessione per i like e la paura del giudizio riferito al proprio orientamento sessuale, al colore della pelle o al proprio corpo, hanno effetti importanti sui giovanissimi. Tra le motivazioni che spingono a inventare profili falsi per il 22% c’è proprio la vergogna per il proprio aspetto fisico, convinzione che appartiene in ugual misura a maschi (23%) e femmine (21%). Dall’indagine emerge poi che il 44% dei giovani intervistati ha utilizzato almeno una volta profili falsi sui social, sostenendo di averlo fatto soprattutto per divertimento (27%), ma anche per sentirsi “libero” di commentare e postare contenuti che con la propria identità non avrebbe avuto il coraggio di condividere (14%).

A scuola se ne parla poco

L’8% confessa invece di averlo fatto per timidezza, il 5% per aumentare like e commenti, e il 2% ammette di averlo creato per fare l’hater in rete. Un altro elemento che emerge dalla ricerca è che la scuola sembra non essere un luogo in cui si discute di questo argomento. Solo il 29% dichiara di averne parlato con i propri insegnanti, e anche in questo caso, sono le ragazze a preoccuparsene maggiormente (32%) rispetto ai ragazzi (25%).

“È fondamentale tenere presente che gli adolescenti sono naturalmente i più esposti alle minacce della rete – commenta Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky -. Per questo motivo è importante creare progetti e iniziative per una vita digitale sicura e per informare i ragazzi sui pericoli del mondo online”.