Trasformazione digitale: gli imprenditori e gli investimenti delle aziende

La transizione digitale genera valore di natura finanziaria, ma anche sociale sia per l’organizzazione sia per gli utenti. La spinta verso la transizione digitale del Paese e dell’ecosistema produttivo ha visto una netta accelerazione negli ultimi due anni. E secondo il 50% degli imprenditori intervistati dalla survey di EY Tech Horizon le aziende italiane hanno avviato importanti trasformazioni digitali. Tra i fattori della trasformazione, sempre secondo EY Tech Horizon, quelli principali risultano l’adozione o il consolidamento di nuove tecnologie quali data&analytics, machine learning, Intelligenza artificiale, Internet of Things (IoT) e cloud.

Le imprese italiane saranno sempre più data-centriche

Le imprese italiane, quindi, saranno sempre più data-centriche e digitali per poter programmare al meglio le decisioni, i processi e le interazioni con tutti gli interlocutori. La tecnologia è il fattore abilitante per una trasformazione in grado di creare valore, ma soltanto se utilizzata in una combinazione sinergica di diversi strumenti, e allineata agli obiettivi strategici delle aziende. Tra le tecnologie su cui puntare, data&analytics viene indicata dal 22% degli intervistati come principale trend di investimento per i prossimi due anni. Seguono, l’Internet of Things, indicato dal 20%, il cloud, dal 18%, l’Intelligenza artificiale e il machine learning dal 15%.

Gli ostacoli principali? I costi elevati delle infrastrutture e la sicurezza 

Gli ostacoli principali al proseguimento di questa trasformazione per gli imprenditori riguardano i costi elevati delle infrastrutture e i rischi legati alla cybersecurity. I fattori trainanti per superare queste barriere sono le partnership strategiche con expertise tecnologiche complementari, e l’upskilling delle competenze. La combinazione tra tecnologie diverse, in particolare data analytics e Intelligenza artificiale, è indicata dal 45% degli intervistati, anche come fattore chiave per migliorare la customer experience. Questa maggiore apertura verso le nuove tecnologie è emblematica della fase di accelerazione in innovazione digitale in cui si trova il nostro Paese, anche grazie alla spinta rappresentata dalle risorse stanziate dal Pnrr.

Dove investire? Upskilling/reskilling, data analytics, cloud, IoT, cybersecurity

Per contro, le maggiori criticità emerse nei confronti del ruolo della trasformazione dei dati riguardano per il 15% la difficoltà alla scalabilità di prodotti e servizi data-driven, e per l’11% la carenza di competenze dei dipendenti. Per questo motivo, le aziende sono sempre più impegnate nel valutare i gap di competenze per comprendere dove investire e offrire programmi di formazione obbligatoria, upskilling e reskilling per rafforzare le competenze digitali e tecnologiche. In particolare, dando priorità a tematiche come data analytics, cloudification, IoT, cybersecurity e privacy.

Pharma delivery: +118% ordini rispetto al primo semestre 2021

Oggi la consegna a domicilio dei farmaci è un’abitudine consolidata tra gli italiani, e sono pochi i consumatori disposti a rinunciare. La pandemia ha avuto un effetto booster sull’home delivery, e il servizio di pharma delivery è divenuto fondamentale per 9 utenti su 10. Sono alcuni dati emersi da un’indagine effettuata a dicembre 2021 da Pharmap, player italiano del settore, per indagare il comportamento dei consumatori iscritti alla piattaforma. Per il 93% degli iscritti oggi risulta importante che le farmacie siano dotate di un sistema di consegna a domicilio, e per il 98% il recapito in giornata dei prodotti è un requisito essenziale per la fidelizzazione con il punto vendita.

Incrementare il rapporto di fiducia con i clienti

La rilevazione conferma quindi un trend in continua evoluzione, ed evidenzia alcune novità. La prima riguarda la capacità di Pharmap di incrementare il rapporto di fiducia tra farmacia e utenza: oltre il 60% degli intervistati dichiara di ordinare sempre dalla stessa farmacia, e di questi più della metà (51,9%) è diventato un cliente abituale.  L’azienda, inoltre, gioca un ruolo chiave nel fidelizzare i consumer: il 44% degli utenti intervistati si dichiara, infatti, fedele alla farmacia di riferimento da quando offre il servizio di delivery.

Una comodità divenuta irrinunciabile dopo la pandemia

L’altro dato che emerge è la crescita dell’utilizzo dell’home delivery farmaceutico da parte delle persone. Il 77,7% dichiara di ricorrervi più spesso in epoca post-pandemica perché si è ormai abituato alla comodità del servizio (47%) o per la possibilità di ricevere a domicilio anche i farmaci con ricetta (32%). Il servizio è anche apprezzato in tutti quei casi in cui, recandosi di persona in farmacia, il prodotto non risulti immediatamente disponibile (situazione che si verifica nel 40% dei casi). Un cliente su 4 si dichiara infatti poco propenso a ritornare sul punto vendita per ritirare il prodotto prenotato e preferirebbe, piuttosto, riceverlo a casa.

Un servizio sempre più strategico per le farmacie

 “Che il servizio di consegna a domicilio del farmaco sia diventato sempre più strategico per le farmacie non lo confermano solo i nostri dati – dichiara Giuseppe Mineo, ceo di Pharmap, ad Askanews. -. Una recente ricerca di Channel&Retail Lab, l’Osservatorio della Sda Bocconi, ha rilevato che un cliente su due è pronto a cambiare esercizio se la sua farmacia di fiducia non dispone del servizio di home delivery. Le farmacie, che con la pandemia hanno accelerato la loro evoluzione in ‘farmacie dei servizi’, non possono quindi più fare a meno di adeguarsi a questo trend per rispondere alle nuove esigenze di salute dei cittadini”.

L’e-commerce si evolve e diventa social shopping

Gli acquisti on line sono diventati una costante delle nostre vite. Grazie anche al nuovo impulso dovuto alla pandemia e alle sue limitazioni, molti italiani hanno scoperto questa modalità per comprare ciò di cui si ha bisogno, senza muoversi fisicamente da casa. Ma, una volta assodato che l’e-commerce fa parte delle nostre abitudini, come si può sviluppare il mezzo per aumentare sempre di più Poi ed engagement degli utenti? Una risposta arriva da Nielsen IQ, che ha pubblicato sul proprio sito un’analisi del futuro che ci aspetta.

L’esempio dei mercati trend setter

Per prevedere il domani, la società di ricerche ha esaminato i comportamenti dei paesi trend setter, quelli tecnologicamente più avanzati e che tradizionalmente danno l’esempio al resto del mondo. Si scopre così che gli shopper mobile-first stanno guidando l’m-commerce e guadagnando terreno in tutta l’Asia. In Corea del Sud, ad esempio, l’82% degli acquirenti online ha utilizzato il proprio dispositivo mobile per la spesa. L’m-commerce si dimostra un canale rilevante anche in Brasile, con un numero di ordini effettuati che ammonta a 56,3 milioni nel primo semestre del 2021.
Le applicazioni mobili alimentano il commercio digitale. Le cosiddette super app hanno iniziato ad acquisire importanza nel sud-est asiatico in quanto offrono ai consumatori un servizio unico, integrando tutti gli aspetti della vita virtuale dei consumatori con molteplici servizi come social networking, consegna di cibo, prenotazione di ristoranti, pagamenti e giochi. Oggi, le super app di e-commerce possono avere circa 1-1,5 milioni di articoli rispetto ai 75-90K articoli in negozio. Grazie a una user experience intuitiva, le super-app offrono una soluzione per le sfide di oggi: navigare tra i diversi bisogni dei consumatori e tenerli impegnati. 

Gli acquisti attraverso i social aumentano del 60%

Gli acquisti attraverso i social network sono in aumento, con il 60% dei consumatori online che ha riferito di aver effettuato almeno un acquisto tramite una piattaforma social nel 2020.
Il social commerce include non solo le transazioni che i consumatori effettuano attraverso i social network, ma i molti nuovi modi in cui le aziende combinano lo shopping online basato sul valore con l’intrattenimento sociale. Gli e-market sviluppati come la Cina stanno sfruttando il social commerce per estendere il coinvolgimento degli shopper facendo affidamento sul potere del senso di comunità.  Anche l’e-commerce in livestreaming sta vivendo una crescita esponenziale in Cina, attirando ora 265 milioni di utenti, che rappresentano quasi il 50% degli utenti di livestreaming. Gli e-player tentano di influenzare i consumatori con strumenti come offerte di gruppo crowd-sourced, offerte dirette al consumatore e scambio sui social media per promuovere le relazioni con il brand.  
Catturare l’attenzione degli acquirenti online e mantenerli impegnati e fedeli è possibile, anche se potrebbe richiedere un po ‘di creatività. Sfruttare i social network e gli strumenti di intrattenimento attirerà sicuramente nuovi acquirenti; il senso di comunità e di engagement, inoltre, hanno un grande potenziale per incoraggiare gli acquisti. Gli e-player tentano di influenzare i consumatori con strumenti come offerte di gruppo crowd-sourced, offerte dirette al consumatore e scambio sui social media per promuovere le relazioni con il brand.  

Turismo in ripresa: flussi positivi e boom per le isole

“La ripresa c’è – spiega all’Adnkronos Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti -. Abbiamo ripreso a vedere flussi turistici significativi dal ponte di Pasqua, con numeri che ci hanno fatto ben sperare per la stagione estiva”.
Le previsioni estive per quest’anno sono quindi positive, con un boom per le isole, ma, avverte Messina, “cinque o sei settimane di overbooking non consentono di poter recuperare i costi e le perdite che la filiera ha subito nei 25 mesi di pandemia”.
In ogni caso, “la nostra speranza è il mese di settembre – sottolinea Messina -, quando ci sarà un vero banco di prova, perché se i flussi turistici dovessero confermarsi, allora vorrà dire che avremo veramente imboccato la strada della ripresa”. 

Ripresa delle presenze in Sardegna, Sicilia e nelle isole minori

Le isole sembrano essere una delle mete più interessanti. “È qualcosa che avevamo cominciato a notare prima del Covid, nell’estate del 2019 – conferma Messina -. Durante la pandemia, con il turismo di prossimità, gli italiani hanno riscoperto il piacere delle isole e questo è un segnale importantissimo. C’è una ripresa delle presenze in Sardegna e in Sicilia, ma anche nelle isole minori”.
A fare la parte del leone sono anche le isole straniere. “Siamo completamente sold out anche e soprattutto per le mete a lungo raggio – commenta Marco Ferrini, responsabile commerciale booking della rete consulenti Cartorange -. Non si trova più niente in Polinesia francese, Zanzibar o alle Maldive, dove siamo fuori stagione, eppure a luglio e ad agosto sono strapiene, così come le Mauritius e le Seychelles”. E per quanto riguarda il Mediterraneo, le Baleari, Minorca, Maiorca e le isole della Grecia.

Gli operatori del settore sono ottimisti

Anche gli operatori del settore sono ottimisti, Guardando ai mesi passati, “marzo, aprile, maggio e giugno hanno raggiunto i livelli pre-Covid, con maggio e giugno che li hanno superati – continua Ferrini -. Il trend delle prenotazioni è molto alto. C’è una voglia di viaggiare che oserei dire quasi irrazionale. Una voglia che si scontra anche con richieste che non sono realizzabili. Richieste, ad esempio, per destinazioni in cui il clima non è l’ideale in questo momento”.

Torna il last minute, e la domanda supera l’offerta

In questo scenario, spiega però Ferrini, “c’è però un turismo spezzato a metà: tantissime persone stanno facendo la corsa a prenotare, ma ce e sono molte che prenoteranno sotto data. È tornato il last minute, con richieste a luglio di partenze per luglio e ci aspettiamo lo stesso ad agosto. La sensazione è che il turismo non fosse pronto a questi numeri, è come se si fosse formato un collo di bottiglia, con una domanda che sta superando l’offerta ed è la prima volta nella storia del settore – aggiunge Ferrini -. Per tornare a soddisfare completamente la domanda dovremo aspettare anche tutto il 2024”.

Estate 2022: l’85% farà le vacanze in Italia

Quest’estate la maggior parte degli italiani che andranno in vacanza trascorreranno le ferie in Italia, in cerca di relax, contatto con la natura, ed esperienze enogastronomiche che consentano la scoperta delle tradizioni locali. Sono più di 28 milioni gli italiani che prevedono di fare almeno una vacanza durante l’estate, ma solo un terzo ha già prenotato. Per l’85% di italiani che sceglierà l’Italia, le mete più gettonate sono Puglia (13%), Sicilia (10%) e Toscana (9%). Una percentuale più ridotta (12%) si orienterà verso destinazioni Europee, soprattutto Spagna, Grecia e Francia, e solo il 3% viaggerà verso Paesi extra-UE. Sono i trend emersi dall’Osservatorio Turismo 2022 di Nomisma-UniCredit, che dal confronto tra l’estate 2021 e l’estate 2022 fa emergere una polarizzazione: se più di un quarto dei viaggiatori ha intenzione di aumentare frequenza dei viaggi (29%), durata (24%) e spesa per il pernottamento (24%), uno su 6 pensa che ridurrà il numero di viaggi, così come costi e durata. 

Tra relax, contatto con la natura e scoperta delle tradizioni enogastronomiche

Chi nel 2022 non partirà lo farà soprattutto a causa di una situazione economica non favorevole (49%), per risparmiare (12%), per timore di possibili contagi (11%), ma anche perché ha intenzione di sostituire il viaggio con gite ed escursioni di una giornata (9%). In ogni caso, gli italiani associano la vacanza soprattutto all’idea di relax (76%) o all’occasione per stare più a contatto con la natura (48%). In particolare, il 13% la considera un’opportunità per praticare sport e attività fisica e l’11% per vivere esperienze avventurose. La vacanza però è anche sinonimo di scoperta dell’enogastronomia (39%) e delle tradizioni locali (21%).

Costi energetici e inflazione preoccupano gli operatori

Come stanno vivendo gli operatori del settore l’attuale congiuntura politica, economica e sanitaria? Il 64% dichiara che questa situazione complica l’operatività delle strutture ricettive. I problemi maggiori sono provocati dall’incremento dei costi energetici (51%) e dall’inflazione (23%). In merito all’offerta, il 67% aumenterà i prezzi delle camere, il 44% quelli dei servizi, e il 28% ritiene inevitabile ridurre i mesi di apertura. Per il 54% la congiuntura attuale determinerà una minore capacità di spesa da parte dei viaggiatori, che comporterà la necessità di rivedere i prezzi di listino (34%). Il 33% pensa che si verificherà una diminuzione dei tempi di permanenza, e per il 32% assisteremo a una contrazione della domanda dall’est Europa, da altri Paesi stranieri (22%) e dall’Italia stessa (18%). 

L’offerta si adegua ai nuovi bisogni dei viaggiatori

Gli operatori sono consapevoli di dover adeguare la loro offerta, e per adattare le proposte ai nuovi bisogni dei viaggiatori entro i prossimi 2-3 anni il 16% prevede aree fitness e relax all’interno delle strutture, il 25% postazioni per lo smart working e il 17% firmerà convenzioni con co-working esterni.  Qualcuno punterà sulla digitalizzazione: il 29% realizzerà app per il check-in e il check-out oppure per prenotare i servizi, mentre il 26% inserirà sistemi di domotica nelle camere. 
Il 34% realizzerà servizi su misura del cliente, il 24% inserirà nel menu prodotti biologici e il 27% offrirà tour alla scoperta della tradizione enogastronomica locale.

Record storico per il Made in Italy a tavola: nel 2022 +20%

Le esportazioni alimentari Made in Italy segnano un nuovo record, e con un balzo del 20% superano i 52 miliardi registrati nel 2021. Le esportazioni verso la Germania, il principale mercato di sbocco, nel primo trimestre dell’anno aumentano del 9’%, verso la Francia del 17%, e gli Stati Uniti mettono a segno un tasso di crescita del 21%. Ma un vero boom si è verificato nel Regno Unito (+29%), dove l’export tricolore si è rivelato più forte della Brexit. Al contrario, la Cina segna un calo del 18%, mentre la Russia indica un +4%, sul quale sono però destinate a pesare la guerra in Ucraina e le sanzioni. Nel solo mese di marzo le vendite di cibo italiano nel Paese di Putin sono crollate del 35%.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero relativi al primo trimestre 2022. 

Il vino svetta sul podio con un +18% in sei mesi

Se a preoccupare sono gli effetti del conflitto in Ucraina, con i rincari energetici che stanno colpendo i consumi a livello globale, all’estero le vendite del Made in Italy sono sostenute soprattutto dai prodotti base della dieta mediterranea. Come il vino, che svetta sul podio con una crescita del 18% nei primi sei mesi, davanti a frutta e verdura fresca. Ma nel paniere del Made in Italy all’estero recitano un ruolo importante anche pasta, formaggi, olio d’oliva e salumi, nonostante a livello nazionale resti da colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti, dalla carne ai cereali fino alle colture proteiche, necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti.

I più amati dagli Usa: spumanti, olio d’oliva e pasta

Il vino è anche il prodotto italiano più gettonato negli Usa dove, con un incremento del 13% registrato nel primo trimestre 2022, rappresenta quasi un terzo dell’intero valore dell’export agroalimentare, grazie al traino degli spumanti, che crescono addirittura del 18%. Aumenti a doppia cifra (+16%) anche per l’olio d’oliva, al secondo posto tra i prodotti Made in Italy più amati negli States, poco davanti alla pasta, che però mette a segno un balzo del 23%. Bene anche confetture, passate e succhi, in crescita del 21%, che precedono i formaggi, i quali però mettono a segno un risultato ancora migliore (+28%) nonostante siano penalizzati dalla larga diffusione sul mercato americano delle imitazioni.

Italia, regina bio di frutta e verdura

Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura divenuta la più green d’Europa, con la leadership nel biologico di 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali, oltre a Campagna Amica, l’ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Il Belpaese, spiega la Coldiretti, è il primo produttore Ue di riso, grano duro e vino, e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea, come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta, primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e le pere fresche alle ciliegie, le uve da tavola, i kiwi, le nocciole fino alle castagne.

Arredamento: i driver del settore sono innovazione, transazione digitale ed ecologica

Innovazione, transazione digitale ed ecologica: sono questi i temi più “cldi” del settore dell’arredamento, emersi durante il Salone del mobile di Milano. E saranno proprio questi tre trend le leve strategiche a capo del prossimo triennio nel settore del Mobile e del Design Made in Italy. Dopo l’andamento favorevole del primo trimestre di quest’anno, le prospettive di crescita sono più che positive con le trasformazioni integrate all’universo digitale, possibili grazie anche ai Fondi europei, per allinearsi ad altri comparti dell’economia.
Già nel 2021, anno della ripresa post pandemia, il Macrosistema arredamento e illuminazione ha registrato una crescita a doppia cifra (+11% rispetto al 2019), per un valore complessivo di fatturato pari a oltre 26 miliardi di euro (23,5 nel 2019) . Anche il legno arredo nel 2021 segna un. +14,1: l’area produzione vanta oltre 49 miliardi di euro, rispetto ai 43 del 2019.. Per quanto riguarda il commercio estero, nei primi 9 mesi del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020 si assiste ad un deciso incremento del +28,7% con Francia, Stati Uniti, Germania, Cina e Regno Unito che rappresentano i primi cinque mercati per l’export italiano del settore.

Il ruolo del digitale

In questo scenario, nel terzo trimestre del 2021 il commercio digitale globale è cresciuto dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2020. L’Italia conferma la propensione allo shopping online segnando un incremento del mercato digitale del 15% e sfiorando i 21 mld tra online e distribuzione tradizionale . Arredamento e home living, oggettistica e decorazioni, accessori, tessile e illuminazione sono i settori trainanti nelle vendite eCommerce: nel 2020 il valore dell’acquistato online da parte degli italiani ha raggiunto 2,7 mld di euro, in crescita del +32% rispetto al 2019, nel 2021 è arrivato a 3,3 mld. Con un nuovo approccio al mercato e una narrazione inedita, si assiste dunque alla sperimentazione di strategie digitali da parte delle aziende del settore che cercano nuovi punti di contatto e modalità di vendita (social network, eventi live in streaming, e-commerce). I Brand sono diventati mondi nei quali le persone si vogliono riconoscere e l’integrazione della comunicazione tra il mondo fisico e la dimensione digitale è ora la priorità, in un contesto in cui il consumatore è sempre iperconnesso e al contempo esige quel human touch esperto per compiere la scelta d’acquisto.
Proprio per questo il phygital è un argomento di largo dibattito tra i produttori del Made in Italy che grazie a importanti investimenti in innovazione e formazione stanno cercando soluzioni per far accostare al modello tradizionale, un nuovo modo di comunicare, progettare e vendere.

Una grande opportunità di sviluppo

“Il mondo del digitale rappresenta per i Brand del Design una grande opportunità di sviluppo per poter sperimentare nuovi canali di vendita e puntare all’internazionalizzazione, ma soprattutto per attirare ulteriori potenziali clienti e creare esperienze personalizzate – sostiene Valentino Bergamo, CEO di Calicantus srl – le sinergie con i partner della distribuzione possono portare alla creazione di strumenti inediti, come piattaforme che favoriscono un interscambio tra utenti e professionisti, esperienze interattive instore o esperienze virtuali immersive per condurre il cliente nell’esperienza del Brand, mostrando il prodotto in altissima qualità.” La digitalizzazione rappresenta dunque un volano di valori come qualità e originalità tipici del design italiano.

Caro-aerei: per i voli europei tariffe quasi raddoppiate, +91%

Durante l’estate 2022 chi deciderà di spostarsi in aereo per raggiungere le mete europee dovrà mettere mano al portafoglio, e pagare tariffe che oggi sono quasi il doppio rispetto al 2021. Insomma, l’estate sta per arrivare, e in Italia si preannuncia un’ondata di caro-aerei. Per i voli europei le tariffe sono infatti quasi raddoppiate rispetto allo scorso anno, ma a crescere sono anche i prezzi dei voli nazionali e intercontinentali. Unica buona notizia, calano i prezzi dei treni. Lo afferma il Codacons, che denuncia il fenomeno del caro-aerei in Italia dopo avere rielaborato gli ultimi dati forniti dall’Istat. Nell’ultimo mese secondo il Codacons le tariffe dei voli europei hanno subito un incremento del +91% rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre i voli intercontinentali sono rincarati del +35,7%, e il prezzo di quelli nazionali risulta in crescita del 15,2%.

Rincari anche sul versante traghetti: +19,4%. Ma biglietti ferroviari -9,9%

Ma i rincari, avverte il Codacons, si registrano anche sul versante dei trasporti marittimi: nell’ultimo mese le tariffe dei traghetti sono aumentate del +19,4% rispetto allo stesso periodo del 2021. Di contro, si riducono i prezzi dei biglietti ferroviari, che scendono del -9,9% su base annua, come effetto delle minori limitazioni sui treni legate al Covid-19 e del ritorno di offerte e sconti praticati dalle società.

Un aumento generalizzato che risente del caro-carburanti e del caro-bollette

Con l’arrivo del caldo e l’aumento degli spostamenti degli italiani, i prezzi dei biglietti aerei sono schizzati alle stelle, spiega l’associazione dei consumatori. Si tratta di un aumento generalizzato delle tariffe aeree che risente anche della crescita dei listini dei carburanti e delle conseguenze del caro-bollette, e che si riflette in modo diretto sulle tasche dei consumatori.

Quanto costa oggi volare a Parigi, Lisbona, Londra o Madrid?

Il Codacons ha svolto alcune comparazioni per verificare quanto costi oggi acquistare un volo aereo andata/ritorno per trascorrere qualche giorno all’estero. Ipotizzando le date dal 10 al 12 giugno (partenza in mattinata ritorno pomeriggio/sera), per andare a Parigi servono in economy almeno 355 euro partendo da Fiumicino e atterrando allo scalo di Charles de Gaulle, mentre da Milano Malpensa a Lisbona si spende da 364 euro. Per raggiungere Londra (Heathrow) da Roma Fiumicino occorre spendere almeno 399 euro, prezzo che scende a 271 euro se si è disposti a partire da Linate e atterrare al ritorno a Malpensa. Per Roma-Madrid si parte invece da 240 euro. E per le tratte nazionali, il volo Roma-Milano costa 128 euro (andata e ritorno) contro i 79,80 euro del treno.

Pandemia: come ha trasformato il mondo del lavoro?

Prima o poi il Covid-19 resterà un terribile ricordo, ma il mondo del lavoro non tornerà quello di prima.
“Il Covid-19 ha imposto svariati cambi di passo alle aziende, e di certo la gestione delle risorse umane non fa eccezioni – spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati -. Anzi, è forse proprio nella gestione e nella selezione dei talenti che il mondo del lavoro è cambiato maggiormente con l’emergenza sanitaria”.
Quando si pensa alle rivoluzioni portate o accelerate dal Covid-19 però si pensa immediatamente allo smart working.
“Il lavoro agile è qualcosa che era già pronto a diffondersi, ma con la pandemia ha conosciuto un’enorme accelerazione”, continua Adami. E oggi si allarga il fronte dei lavoratori desiderosi di mantenere il lavoro da remoto.

Smart working e benessere dei lavoratori

“La maggior parte dei candidati punta a uno o due giorni di lavoro in agilità alla settimana, per meglio equilibrare sfera professionale e personale”, sottolinea Adami. Non si parla però solo di smart working: la pandemia ha cambiato in modo diretto e indiretto anche altri aspetti del mondo del lavoro.
Da una parte il Covid-19 ha portato le aziende a cercare qualcosa di diverso nei nuovi assunti, soprattutto agilità e flessibilità mentale, dall’altra ha portato i dipendenti a focalizzarsi maggiormente sull’importanza del proprio benessere fisico e psicologico. “In generale, le persone sono meno disposte a fare compromessi su questi aspetti, e il significativo aumento di dimissioni volontarie che hanno avuto luogo anche in Italia lo dimostra”, aggiunge Adami.

Great Resignation, non solo un fenomeno americano

A dimostrare che la Great Resignation non è un fenomeno unicamente americano, un’indagine Aidp, Associazione italiana per la direzione del personale, effettuata su 850 rispondenti tra direttori del personale e aziende, attesta che il 75% delle aziende italiane ha già avuto a che fare con un aumento delle dimissioni volontarie. In particolare, per quanto riguarda le aree informatica, marketing e produzione. “L’aumento delle dimissioni è in linea con la volontà via via più forte dei dipendenti di avere un lavoro quanto più possibile ideale – commenta l’head hunter -: si mira a posti in cui sia possibile fare davvero la differenza, in cui ci si possa sentire un elemento integrante e indispensabile”.

I giovani e i valori aziendali

Nel caso dei lavoratori più giovani sono ulteriori gli aspetti da prendere in considerazione: “per i Millennial è particolarmente importante il tema della formazione continua in azienda, con la possibilità di crescere, di imparare e di fare carriera, che finisce per superare per importanza il fattore stipendio”, dichiara Adami. Non va poi sottovalutato il fatto che i giovani sono sempre meno disposti a lavorare per realtà che non rispecchiano i loro valori: “anche questo punto deve essere tenuto in grande considerazione – puntualizza Adami – per non vedere calare inesorabilmente le candidature in risposta ai propri annunci di lavoro”.

Infortuni in itinere, numeri in crescita con il rientro in presenza

Aumentano gli infortuni in itinere, così aziende e lavoratori diventano ancora più attenti al tema della sicurezza. D’altronde l’incremento degli infortuni è strettamente legato al rientro in presenza dopo i mesi in cui le limitazioni legate alla pandemia hanno inciso anche sulle modalità di lavoro. Ma nel 2021 ad aumentare non sono solo gli incidenti e i casi mortali. Con l’emergenza Covid19 è cresciuto complessivamente il livello generale di attenzione da parte di aziende e lavoratori verso un tema, quello della sicurezza, che non sempre ha ricevuto in passato la giusta considerazione. Un’attenzione che si concretizza, secondo l’indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro realizzata su un campione rappresentativo di Consulenti del Lavoro, nel maggior ricorso all’uso di dispositivi di prevenzione (62,7%) e nel complessivo aumento dell’igiene e della salubrità degli ambienti di lavoro per il 62,5% degli intervistati. A evidenziarlo è il dossier della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo “Salute e sicurezza sul lavoro dopo l’emergenza Covid” che, oltre ad attingere ai dati dell’indagine interna realizzata tra il 6 e il 12 aprile 2022, si avvale anche dei dati Inail 2019-2021. 

Nel settore edile la maggior percentuale di incidenti

L’allentamento delle restrizione e la conseguente a ripresa di molte attività in presenza ha determinato una crescita, tra 2020 e 2021, degli infortuni in itinere (+29,2%) per un incremento complessivo di oltre 18mila casi. Secondo la ricerca, il settore che ha visto crescere in modo esponenziale sia il numero di infortuni (+17,1% tra 2020 e 2021) che i casi mortali (11,4%) è quello edile, comparto che ha registrato, grazie agli incentivi, un boom occupazionale senza precedenti nel 2021, con 111mila occupati in più rispetto al 2019. Il ritorno in presenza ha prodotto, rispetto al 2020, la crescita non solo degli incidenti in itinere, ma anche delle morti correlate (15,9%). Le denunce di casi mortali sono, infatti, passate da 1.089 del 2019 a 1.221 del 2021, per un incremento di 132 casi, evento riconducibile al maggiore rischio di mortalità associato all’infortunio da Covid. La pandemia ha, dunque, lasciato segni importanti, non solo sotto il profilo delle trasformazioni dettate dallo smart working, ma, più in generale, ha fatto maturare una sensibilità diversa da parte delle aziende e dei lavoratori verso il tema della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Obiettivo sicurezza

Non meno importanti, secondo l’indagine condotta sui Consulenti del Lavoro, i cambiamenti legati all’orientamento e all’approccio anche in termini di comunicazione. Cresce per il 46,1% l’orientamento verso la prevenzione e, complessivamente, il livello di sicurezza nei luoghi di lavoro: dato più alto rispetto a due anni fa secondo il 46,9%. A fronte di tale cambiamento “culturale”, si evidenzia una maggiore difficoltà a tradurlo in misure operative: solo il 37,6% dei Consulenti segnala un miglioramento delle iniziative formative a favore dei dipendenti.