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Mondo in “subbuglio”: come cambiano i consumi degli italiani? 

L’incertezza geopolitica, economica e la crisi climatica stanno influenzando le scelte di stile di vita e di spesa dei consumatori italiani. Lo rivela l’Ey Future Consumer Index. Cambia anche la scala delle priorità dei nostri connazionali. Ad esempio, al primo posto si colloca il risparmio, seguito dalla salute fisica e mentale e dalla sostenibilità. Il 65% dei consumatori si concentra sull’impatto ambientale dei consumi, con attenzione al riciclo (56%) e al risparmio di acqua (41%).

Questi risultati provengono dalla tredicesima edizione dell’indice, che ha coinvolto oltre 22mila cittadini nel mondo, di cui 500 in Italia.

L’incertezza economica e le nuove priorità

Il 91% dei consumatori italiani è preoccupato per la propria condizione economica, mentre l’81% allarga i timori all’economia del Paese. Le principali ansie riguardano l’aumento dei prezzi di elettricità, gas e acqua (75%) e l’incremento dei costi di beni alimentari e carburanti (73%).

La salute è un tema rilevante, con il 62% che ritiene elevati i costi per un’assistenza sanitaria di qualità. Le incertezze economiche, le pressioni inflazionistiche e il cambiamento climatico spingono i consumatori italiani a modificare stili di vita e modelli di spesa, orientandosi verso comportamenti più oculati e sostenibili.

Risparmio fa rima con sostenibilità

Il risparmio è uno degli obiettivi dei cittadini italiani. Il 76% degli intervistati sarà più cauto nelle spese, mentre il 38% pianifica di trascorrere più tempo a casa per risparmiare. Stefano Vittucci, Consumer Products and Retail Sector leader di Ey in Italia, sottolinea che le tensioni geopolitiche e l’inflazione stanno guidando i consumatori verso azioni più sostenibili.

Ridurre lo spreco alimentare (94%), riparare oggetti anziché sostituirli (75%) e porre attenzione al riciclo (56%) sono tra le risposte messe in atto dai consumatori.

Meno acquisti, più salute

I consumatori tagliano gli acquisti principalmente per risparmiare (75%) e proteggere l’ambiente (43%). Le categorie in cui si prevede di spendere meno includono accessori moda (66%), abbigliamento e calzature (53%), giocattoli e gadget (49%), elettronica di consumo (48%), bellezza e cosmesi (47%), mobili per la casa (43%) e automobili (40%).

Dopo le preoccupazioni economiche, la salute fisica e mentale è la seconda priorità dei consumatori. Lo stress legato alla situazione economica induce una maggiore attenzione alla salute personale, con il 67% che sarà più consapevole monitorando la salute mentale attraverso app o dispositivi smart (43%).

Il ruolo delle aziende

Anche se le aziende rispondono con prodotti più sani e sostenibili, i prezzi elevati restano un deterrente (62%). Il 59% dei consumatori chiede trasparenza e informazioni precise. Anche i governi sono chiamati in causa: devono svolgere un ruolo chiave per un futuro sostenibile, secondo l’82% dei consumatori, affiancando le aziende in questo o processo.

Anche con gli sconti, la Tecnologia di Consumo cala dell’-11% nel 2023

Nella settimana del Black Friday 2023, le rilevazioni effettuate da GfK sul Panel Weekly per le categorie più importanti del mercato della Tecnologia di Consumo mostrano un calo del fatturato. Dal 20 al 26 novembre TV, PC, Smartphone, Tablet, Wearable, Frigoriferi, Lavatrici, Aspirapolvere, Stampanti, e altri prodotti tech hanno generato un controvalore pari a 438 milioni di euro. In calo del -11% rispetto al Black Friday 2022.

La settimana del Black Friday rimane comunque la più importante del 2023 per giro d’affari. Rispetto al fatturato della settimana media riferita all’ultimo anno, l’incremento è del +117%. E il confronto è positivo anche rispetto alla settimana precedente. In questo caso la crescita è del +47% a valore.
Negli ultimi anni però le promozioni si sono moltiplicate e il Black Friday non è più un appuntamento unico per chi vuole fare buoni affari.

Un trend negativo in linea con il resto dell’anno

In linea con il resto dell’anno, anche la settimana del Black Friday ha fatto registrare un trend negativo rispetto allo stesso periodo del 2022.
Ma anche le settimane precedenti al Black Friday sono state negative, e il mese di novembre, solitamente molto importante per il settore, non sembra essere stato in grado di risollevarne le sorti.

Dopo la crescita record degli anni della pandemia, e un 2022 leggermente negativo (-2,3%), dall’inizio del 2023 il settore della Tecnologia di Consumo sta vivendo un rallentamento della domanda.
Le ragioni sono da ricercarsi nell’effetto saturazione registrato da alcuni settori cresciuti molto negli scorsi anni, e nelle preoccupazioni dei consumatori legate al carovita e alle crisi internazionali.

Elettronica di Consumo a -25%

Il trend negativo ha riguardato sia i punti vendita tradizionali (-12%) sia il canale online (-10%), anche se durante la settimana del Black Friday, le vendite tramite internet hanno contribuito al 38% del fatturato totale.

Tutti i comparti registrano performance negative rispetto al Black Friday 2022, ma quelli che hanno sofferto meno sono stati l’Home Comfort (-2%), il Grande Elettrodomestico (-3%), il Piccolo Elettrodomestico (-4%) e il Telecom (-4%). La decrescita più notevole è stata invece quella dell’IT&Office (-21%) e dell’Elettronica di Consumo (-25%).

Bene solo Lavastoviglie e Stampanti Multifunzione

Guardando alle tre categorie più importanti in termini di fatturato, in leggero calo gli Smartphone (-2%), mentre registrano trend decisamente negativi rispetto allo scorso anno i PC Portatili (-24%) e le TV (-26%).
Gli unici prodotti che segnano una crescita rispetto al Black Friday 2022 sono le Lavastoviglie (+12%) e le Stampanti Multifunzione (+3%).

L’impatto delle attività promozionali nella settimana del Black Friday è calato rispetto agli ultimi anni, e si assesta al 38% dei volumi venduti con una riduzione di prezzo di almeno il 10%. I Mediatablets sono stati i prodotti con la percentuale più alta di vendite promozionali (54%).

Black Friday, cosa comprano gli italiani?

I saldi del Black Friday e del Cyber Monday 2023 attirano l’attenzione degli shopping addicted italiani, come evidenziato dall’Osservatorio Inflazione di Ipsos. Il 97% degli italiani è a conoscenza del Black Friday, un periodo caratterizzato da vendite promozionali con sconti significativi su una vasta gamma di prodotti, con un numero sempre crescente di aziende che aderiscono all’evento.

Oltre il 61% della popolazione è propensa all’acquisto

Secondo l’Osservatorio Inflazione, oltre la metà della popolazione italiana (61%) è propensa ad acquistare durante il Black Friday 2023, con un aumento soprattutto tra i giovani e coloro che hanno figli minorenni.
Le categorie di prodotti che registrano le maggiori preferenze, rispetto al 2022, sono l’elettronica e gli alimentari, mentre i giocattoli escono dalla lista degli oggetti preferiti.

Quattro giorni di sconti sull’onda degli States

Il Black Friday 2023 inizia il 24 novembre. L’ultimo venerdì del mese è conosciuto anche come il Venerdì Nero, un termine informale utilizzato negli Stati Uniti per indicare il venerdì successivo al Giorno del Ringraziamento. Questo data segna l’inizio della stagione dello shopping natalizio e prevede tradizionalmente grandi sconti e offerte.
Storicamente, gli sconti del Black Friday dovrebbero durare un giorno solo, ma negli ultimi anni le aziende hanno mostrato una tendenza ad anticipare la data, offrendo saldi durante l’intera settimana ed estendendoli fino al Cyber Monday, quest’anno il 27 novembre.

I giovani i più attivi nello shopping

Il Black Friday si è consolidato anche in Italia, con un crescente successo e entusiasmo tra i consumatori. Dall’Osservatorio Inflazione emerge che il 61% degli italiani ha l’intenzione di fare acquisti durante questo evento, con una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente (-4%).
Sono particolarmente propensi all’acquisto i giovani tra i 18 e i 34 anni (71%) e coloro che hanno figli minorenni (70%).

Di tutto e di più 

Le categorie di prodotti che registrano i maggiori acquisti durante il Black Friday includono abbigliamento, intimo, accessori, libri, prodotti di elettronica, prodotti alimentari, prodotti per la bellezza e la cura della persona, e profumi.
Rispetto al 2022, entrano in classifica i prodotti di elettronica e alimentari, mentre escono i giocattoli.

Un’impresa su 4 prevede business in crescita nel 2024

Il quadro internazionale, a livello economico e geopolitico, appare complesso. Eppure, secondo un sondaggio condotto da Ipsos-Unioncamere-Tagliacarne, per circa un quarto delle imprese italiane nel 2024 gli affari dovrebbero crescere. Per la maggioranza delle imprese – e anche questa è una risposta positiva – il trend rimarrà stabile.
Questi risultati sono stati presentati durante la Conferenza internazionale organizzata da Unioncamere in collaborazione con la Camera di commercio di Torino. L’obiettivo dell’incontro era fare il punto sulle criticità e le sfide che il sistema produttivo italiano deve affrontare.

Il sentiment degli imprenditori

Il primo passo per comprendere la situazione è valutare il sentiment degli imprenditori. Secondo il sondaggio, il 60% degli imprenditori ritiene che nei prossimi 12 mesi la situazione rimarrà stabile per chi fa impresa, mentre per quasi il 25% migliorerà notevolmente o almeno leggermente. La quota di coloro che esprimono pessimismo è inferiore all’18%, in netto calo rispetto all’anno precedente quando era del 42%. 

Il Nord vede rosa più del Sud

Le regioni italiane non condividono tutte questa prospettiva. Le aziende del Nord Italia mostrano più ottimismo rispetto a quelle del Mezzogiorno e del Centro Italia, con una percentuale dell’85% di ottimisti o “neutrali” al Nord, rispetto all’81% al Sud e al 77% al Centro. Inoltre, il settore manifatturiero e i servizi sembrano più ottimisti rispetto al settore commerciale.

Il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, ha sottolineato che nonostante l’incertezza a livello globale, gli italiani sono abituati a lavorare con creatività e resilienza. Ha anche menzionato che il digitale e l’ambiente stanno contribuendo a potenziare la fiducia delle imprese nel futuro. Ha dichiarato: “Tra il 2023 e il 2025, il 41% delle imprese con un numero di dipendenti tra 5 e 499 prevede di investire nella transizione digitale, mentre il 46% prevede di investire nella transizione verde. Questo è uno dei motivi per cui ci sono più aziende che prevedono un miglioramento del proprio business rispetto a quelle che prevedono un peggioramento (24% contro 18%)”.
Inoltre, ha sottolineato la necessità di semplificare la burocrazia e le procedure che ostacolano le imprese in Italia, soprattutto per i giovani che vogliono avviare la propria attività.

Investimenti per affrontare le difficoltà 

In Italia, sono stati registrati progressi nell’innovazione e nella sostenibilità. Un quarto delle imprese ha investito in tecnologie a basso impatto ambientale, anche se il 15% ritiene che le risorse economiche siano insufficienti per affrontare questa sfida e il 5,2% lamenta i costi elevati delle materie prime ecologiche.
Inoltre, l’adozione del digital lending da parte di soggetti finanziari non bancari è in crescita, e l’Italia è al terzo posto nella classifica a livello del G7, dopo Stati Uniti e Regno Unito, per i prestiti concessi da soggetti non bancari, con 1,9 miliardi di dollari.

Mobilità attiva: in calo il trend di spostarsi a piedi o in bici

È quanto indicano i dati della Sorveglianza Passi, condotta dal Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute (Cnapps) dell’Istituto superiore di sanità (Iss): sono poco più di 4 italiani adulti su 10 (42%) a recarsi a scuola o al lavoro a piedi, in bicicletta, o utilizzando altre strategie di mobilità attiva. Ma il trend è in calo rispetto agli anni passati. In molti casi, poi, i valori appaiono al di sotto della soglia che permetterebbe di ottenere i maggiori benefici indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità per la diminuzione della mortalità e ridurre l’insorgenza di molte malattie croniche.

Il Sud è più sedentario

“Complessivamente – riferisce l’Istituto – nel biennio 2021-2022 il 42% degli adulti intervistati pratica mobilità attiva e dichiara di aver usato la bicicletta o di essersi spostato a piedi per andare al lavoro, a scuola o per gli spostamenti quotidiani nel mese precedente l’intervista”.
Ma il trend appare in calo, considerando che “dal 2017 al 2022 – continua l’Iss – si registra una lieve diminuzione della quota di persone che si muove a piedi o in bici per gli spostamenti abituali, in particolare, la riduzione è più forte tra coloro che riescono a raggiungere i livelli di attività fisica raccomandati, specialmente al Sud”.

L’Oms raccomanda almeno 150 minuti a settimana di attività moderata

“Il 19% degli intervistati – dettaglia ancora l’Iss – risulta fisicamente attivo con la sola pratica della mobilità attiva, perché grazie a questa raggiunge i livelli di attività fisica raccomandati dall’Oms, ovvero almeno 150 minuti a settimana di attività moderata, e il 23% risulta parzialmente attivo per mobilità attiva praticata, perché si sposta a piedi o in bicicletta, ma lo fa per meno di 150 minuti a settimana. La quota di persone che raggiunge i livelli di attività fisica raccomandati dall’Oms attraverso la mobilità attiva è maggiore tra i 18-24enni, ma anche fra i 50-69enni, fra le persone con alto livello di istruzione, fra gli stranieri e fra i residenti nelle regioni settentrionali, rispetto al resto del Paese, riporta Adnkronos.

Quattro consigli per spostamenti più salutari

Se la distanza non è eccessiva il consiglio è di muoversi a piedi, considerando che i 150 minuti di attività fisica moderata alla settimana raccomandati dall’Oms corrispondono a un tragitto quotidiano di circa 2,5 km per 5 giorni. Se però ci si muove prevalentemente con i mezzi del trasporto pubblico, riporta il Sole 24 Ore, perché non riservare un tratto del percorso, almeno 1 km, da fare a piedi. E se si vuole utilizzare la bicicletta e la distanza è troppa, perché non considerare l’ipotesi di una ‘mobilità mista’, ad esempio, combinando treno o metro (molti mezzi prevedono la possibilità di salire con biciclette, e-bike e bici pieghevoli) con tragitti in bicicletta. Ma se proprio non si può evitare di muoversi in automobile, parcheggiare a distanza dal luogo di arrivo e proseguire a piedi per almeno 1 km.

Franchising in Italia: quali numeri, tendenze e futuro?

Nel 2022 prosegue la crescita del comparto franchising in Italia, che rispetto all’anno precedente incrementa numero di punti vendita (61.162, +2,2%) e addetti occupati (252.848, +6,2%). raggiungendo un fatturato di 30,9 miliardi euro (+7,1% rispetto al 2021).
Un risultato positivo trainato, in parte, da un mercato del lavoro più reattivo e dal risparmio accumulato dalle famiglie, fattori che hanno contribuito ad ammortizzare gli effetti negativi dell’inflazione. Nel 2023 si prospettano però segnali di rallentamento, legati al perdurare della spinta inflazionistica e ai suoi effetti sul reddito disponibile delle famiglie. Si prevede quindi un aumento del fatturato nell’ordine del +3%, con un tasso di crescita più contenuto rispetto all’anno precedente. 
È quanto emerge dal Rapporto Assofranchising Italia 2023 – Strutture, Tendenze e Scenari, realizzato da Nomisma.

I settori merceologici più performanti

La media di personale per punto vendita è di 4,1 unità. Rimangono stabili le insegne operative (954), dopo la contrazione del 2020 (-103) e la crescita del 2021 (+78). Una solidità che deriva dalla forte dinamicità del settore, che ha visto la cessazione di alcune insegne nell’ambito dell’abbigliamento per bambini e bar-gelateria, e parallelamente, la crescita di nuovi franchisor nei segmenti ristorazione, casa e servizi. 
Considerando i settori merceologici più performanti al primo posto la GDO, che con un giro d’affari che supera 11 miliardi di euro, incide per il 37% sul fatturato complessivo, seguita dal comparto abbigliamento (oltre 7,5 miliardi), servizi (4,5 miliardi), e ristorazione (oltre 3,2 miliardi). 

Un modello vincente 

Nel 2022 le reti in franchising attive sono 954, di cui 923 italiane (97%). Il Nord Ovest è al primo posto per numero di franchisor, seguito da Nord Est e Centro Italia. In crescita, con 199 reti attive, l’area del Sud e delle Isole.  Tra i settori più rappresentati nella penisola, al primo posto, quello dei servizi (255 reti), seguito da ristorazione (181) e abbigliamento (180).  Il settore merceologico preponderante è appunto quello dei servizi, con 17.373 punti vendita (28% sul totale), seguito dall’abbigliamento (14.881, 24%) e dal commercio specializzato (8.321, 14%). 
La regione con il maggior numero di punti vendita è la Lombardia (9.955 store), seguita da Lazio (6.734), Campania (4.805), Emilia-Romagna (4.757) e Sicilia (4.665). 

e-commerce e investimenti in digital technology

La tecnologia sta dando un grande impulso al comparto e sarà sempre più un asset strategico di competitività: un brand su 2 possiede un canale e-commerce attivo già da prima del 2020.
Cresce poi la quota di fatturato derivante dalla vendita e-commerce (+8,7%) e si prevede un ulteriore incremento fino al 12,8% per il 2023. Di fatto, nel prossimo triennio l’84% delle imprese è propenso ad investire in digital technology per migliorare le performance economico-finanziarie, e la gestione della propria rete.

Quanto pesa l’invecchiamento demografico sul debito pubblico? 

L’invecchiamento della popolazione sta avendo un impatto significativo sulle finanze pubbliche a livello globale. Questo avvertimento è stato lanciato dal Financial Times, basandosi sui dati delle agenzie di rating. Gli aumenti recenti dei tassi di interesse, combinati con l’aumento delle pensioni e dei costi sanitari, stanno mettendo a dura prova le finanze dei governi, secondo Moody’s, S&P e Fitch. Senza riforme radicali, è probabile che si verifichino ulteriori declassamenti dei rating globali, creando un circolo vizioso di oneri fiscali più elevati e crescenti costi di indebitamento. La Federal Reserve statunitense, la Banca centrale europea e la Banca d’Inghilterra hanno tutte aumentato i tassi di interesse questo mese ai livelli più alti dalla crisi finanziaria, incrementando così i costi del servizio del debito dei governi.

“Il futuro è arrivato”

Secondo Moody’s Investors, “in passato, i dati demografici erano considerati una questione a medio-lungo termine. Ora, il futuro è arrivato ed è già evidente l’impatto sui profili di credito sovrano”. Fitch, invece, sostiene che “sebbene i dati demografici si muovano lentamente, il problema sta diventando sempre più urgente” e che “più a lungo i governi rimandano l’azione, più dolorosa sarà l’azione stessa”.
Le agenzie di rating affermano che l’aumento dei costi di indebitamento sta aggravando l’impatto sui cambiamenti nella popolazione in età lavorativa, nonché il colpo alle finanze pubbliche derivante dall’aumento delle spese sanitarie e pensionistiche. Ciò ha influenzato le prospettive del debito nell’Unione Europea, dove la percentuale di persone sopra i 65 anni passerà dal 20% attuale al 30% entro il 2050, e lo stesso avverrà in Giappone e negli Stati Uniti.
Secondo uno stress test condotto da S&P, un aumento del 1% dei costi di indebitamento aumenterebbe di circa 40 punti percentuali il rapporto debito/prodotto interno lordo per Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti entro il 2060, portandolo a -60 punti percentuali.

I profili più critici? Nei paesi dell’Europa centrale e meridionale

Gli analisti sottolineano che i paesi dell’Europa centrale e meridionale presentano i profili demografici più critici. La Germania, ad esempio, sta affrontando uno dei tassi di invecchiamento più rapidi a livello mondiale, mentre la Spagna si trova ad affrontare un deficit strutturale nel sistema pensionistico e la Francia affronta sfide nella gestione finanziaria. Al contrario, la Grecia è stata elogiata per le riforme radicali apportate al suo sistema pensionistico dopo la crisi del debito. Diversi paesi asiatici, come Corea, Taiwan e Cina, stanno affrontando un peggioramento delle prospettive a causa delle pressioni demografiche.

Il rischio declassamento per metà delle maggiori economie mondiali

S&P ha dichiarato a gennaio che entro il che circa la metà delle maggiori economie mondiali sarà declassata a spazzatura entro il 2060, rispetto all’attuale livello di circa un terzo, se non verranno prese misure per ridurre i costi dell’invecchiamento della popolazione e ha stimato che, in assenza di riforme alle politiche fiscali legate all’invecchiamento, il governo “tipo” avrebbe un deficit del 9,1% del PIL entro il 2060, un enorme aumento dal 2,4% nel 2025. 

Pizza: piace a 8 italiani su 10, anche surgelata

Ideale da preparare al forno per una cena in casa in famiglia o con gli amici, la pizza surgelata è consumata da 8 italiani su 10 (85,7%), e se il 55,6% dichiara di consumarla spesso, il 27% delle famiglie con bambini la sceglie in media una volta a settimana. Un apprezzamento confermato anche dai dati di consumo: nel 2021 sono state consumate oltre 60.000 tonnellate di pizze e pizzette surgelate. Perché la pizza è un piatto che mette tutti d’accordo, anche nella sua versione sottozero.
È quanto emerge da una ricerca commissionata da Findus ad AstraRicerche, presentata in occasione della Giornata Mondiale della Pizza.

Sul podio Margherita, Diavola, Quattro Formaggi 

Non ci sono dubbi, a stravincere è la Margherita, preferita dal 59,2% degli italiani. Secondo posto per la Diavola (23,5%), scelta maggiormente dagli uomini (29%) rispetto alle donne (18%), e in una fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni, soprattutto nella zona del Triveneto (30%) rispetto al Sud Italia e nelle Isole (18%). Al terzo gradino del podio la Quattro Formaggi (22,8%), preferita dalle donne (25%, over 50) e più diffusa nel Nord Italia. Quanto agli altri gusti più amati, Capricciosa e Quattro Stagioni riscuotono maggiori consensi tra gli over 50, dove l’apprezzamento supera il 20%.

Il perfect match: con patatine fritte, crocchette o supplì?

Il settimo posto, invece, è occupato dalla Focaccia (15%), ideale da servire in tavola per accompagnare un piatto di salumi. Se si guarda invece al ‘perfect match’ per la pizza surgelata, il 38,7% degli italiani abbinerebbe patatine fritte, il 25,4% degli intervistati opterebbe per le crocchette di patate, mentre il 23,9% sceglierebbe il supplì, sfizio che piace molto al 65% degli italiani nel basso Centro Italia, ma che riesce a conquistare anche i gusti di 4 italiani su 10 nel resto d’Italia.

La pandemia spinge i consumi di snack sotto zero

Pizza e snack surgelati come crocchette, supplì, panzerottini, mozzarelline panate, si rivelano ingredienti perfetti per serate a casa in compagnia, tanto che per il 27,5% degli italiani organizzarle è un appuntamento fisso e settimanale. Il 57,7% degli italiani si organizza di tanto in tanto, mentre solo il 14.9% del campione dichiara di non organizzarne mai, anche se la metà sarebbe curioso di provare (7,4%). Ma quali sono le principali ragioni di consumo di snack surgelati a casa? A spingere i consumi è stata la pandemia, che ha inciso per il 24,4%, ma anche la convenienza e il risparmio (21%), o perché si preferiscono cene e aperitivi in casa (20,7%), ma anche perché si opta per la comodità (17,8%).

Caro-aerei: per i voli europei tariffe quasi raddoppiate, +91%

Durante l’estate 2022 chi deciderà di spostarsi in aereo per raggiungere le mete europee dovrà mettere mano al portafoglio, e pagare tariffe che oggi sono quasi il doppio rispetto al 2021. Insomma, l’estate sta per arrivare, e in Italia si preannuncia un’ondata di caro-aerei. Per i voli europei le tariffe sono infatti quasi raddoppiate rispetto allo scorso anno, ma a crescere sono anche i prezzi dei voli nazionali e intercontinentali. Unica buona notizia, calano i prezzi dei treni. Lo afferma il Codacons, che denuncia il fenomeno del caro-aerei in Italia dopo avere rielaborato gli ultimi dati forniti dall’Istat. Nell’ultimo mese secondo il Codacons le tariffe dei voli europei hanno subito un incremento del +91% rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre i voli intercontinentali sono rincarati del +35,7%, e il prezzo di quelli nazionali risulta in crescita del 15,2%.

Rincari anche sul versante traghetti: +19,4%. Ma biglietti ferroviari -9,9%

Ma i rincari, avverte il Codacons, si registrano anche sul versante dei trasporti marittimi: nell’ultimo mese le tariffe dei traghetti sono aumentate del +19,4% rispetto allo stesso periodo del 2021. Di contro, si riducono i prezzi dei biglietti ferroviari, che scendono del -9,9% su base annua, come effetto delle minori limitazioni sui treni legate al Covid-19 e del ritorno di offerte e sconti praticati dalle società.

Un aumento generalizzato che risente del caro-carburanti e del caro-bollette

Con l’arrivo del caldo e l’aumento degli spostamenti degli italiani, i prezzi dei biglietti aerei sono schizzati alle stelle, spiega l’associazione dei consumatori. Si tratta di un aumento generalizzato delle tariffe aeree che risente anche della crescita dei listini dei carburanti e delle conseguenze del caro-bollette, e che si riflette in modo diretto sulle tasche dei consumatori.

Quanto costa oggi volare a Parigi, Lisbona, Londra o Madrid?

Il Codacons ha svolto alcune comparazioni per verificare quanto costi oggi acquistare un volo aereo andata/ritorno per trascorrere qualche giorno all’estero. Ipotizzando le date dal 10 al 12 giugno (partenza in mattinata ritorno pomeriggio/sera), per andare a Parigi servono in economy almeno 355 euro partendo da Fiumicino e atterrando allo scalo di Charles de Gaulle, mentre da Milano Malpensa a Lisbona si spende da 364 euro. Per raggiungere Londra (Heathrow) da Roma Fiumicino occorre spendere almeno 399 euro, prezzo che scende a 271 euro se si è disposti a partire da Linate e atterrare al ritorno a Malpensa. Per Roma-Madrid si parte invece da 240 euro. E per le tratte nazionali, il volo Roma-Milano costa 128 euro (andata e ritorno) contro i 79,80 euro del treno.

Per attraversare gli shock globali serve un ‘tocco femminile’

Rincari per i beni energetici, code per l’olio di semi di girasole, attacchi cyber… Pandemia, guerra e crisi globali hanno fortemente impattato sulle nostre economie e sul nostro quotidiano. “In questo contesto una catena di fornitura e approvvigionamenti solida e a prova di interruzioni è un fattore vitale innanzitutto per la normale operatività delle imprese, prima ancora che della loro capacità di competere sul mercato – spiega Fabio Zonta, esperto del settore cpo di Engineering, la tech company italiana -. Per questo, frettolosamente, le aziende stanno modernizzando la direzione acquisti rafforzando i team, non solo in termini numerici, ma soprattutto in termini di qualità e competenze professionali, in un mix uomo/donna necessariamente equilibrato”. 

Le donne hanno migliori abilità nella negoziazione

“Le donne – sostiene Fabio Zonta – hanno la grande capacità di selezionare l’oggetto o il servizio da comprare: non si fermano al primo riscontro e approfondiscono in maniera metodica sondando qualsiasi opportunità che il mercato mette a disposizione, solo dopo decidono cosa acquistare. E poi, per indole, hanno migliori abilità nella negoziazione, riescono a far valere i loro punti di vista nel rispetto delle esigenze e dei diritti altrui senza mai farsi mettere in soggezione dalla contro parte – aggiunge Zonta -. Hanno la capacità di porsi un obiettivo e raggiungerlo senza fermarsi alle prime difficoltà. Nella mia organizzazione il 75% sono donne e in azienda la percentuale è comunque al di sopra della media del settore”.

Il manager si trasforma: da responsabile acquisti a chief procurement officer

“Per le imprese – continua Marina Verderajme, presidente nazionale di Gidp, associazione direttori risorse umane – è diventata fondamentale la valutazione dei rischi esterni per una efficace strategia di impresa, e investire nella formazione di manager con competenze specifiche consente all’azienda di prevenire e indirizzare il proprio business verso la costante crescita anche diversificando le attività. Il manager si trasforma pertanto dall’attuale responsabile acquisti, con una retribuzione tra i 50 e 60 mila euro, a un chief procurement officer (cpo), che nelle grandi imprese raggiunge fino a 500 mila euro”.

Sempre più marcata l’esigenza di una managerialità femminile

In tal senso la figura del cpo deve evolversi significativamente, diventando una figura centrale nelle scelte strategiche aziendali e sviluppando competenze che spaziano dall’AI al risk management, dalle tecniche di negoziazione internazionale alle competenze tecniche, dalla gestione delle risorse umane alla comprensione dei modelli predittivi.
E sebbene tradizionalmente questo ruolo sia stato ricoperto in prevalenza da uomini è sempre più marcata l’esigenza di una managerialità femminile, in una funzione in cui il multi-talento è un plus.