Pandemia: come ha trasformato il mondo del lavoro?

Prima o poi il Covid-19 resterà un terribile ricordo, ma il mondo del lavoro non tornerà quello di prima.
“Il Covid-19 ha imposto svariati cambi di passo alle aziende, e di certo la gestione delle risorse umane non fa eccezioni – spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati -. Anzi, è forse proprio nella gestione e nella selezione dei talenti che il mondo del lavoro è cambiato maggiormente con l’emergenza sanitaria”.
Quando si pensa alle rivoluzioni portate o accelerate dal Covid-19 però si pensa immediatamente allo smart working.
“Il lavoro agile è qualcosa che era già pronto a diffondersi, ma con la pandemia ha conosciuto un’enorme accelerazione”, continua Adami. E oggi si allarga il fronte dei lavoratori desiderosi di mantenere il lavoro da remoto.

Smart working e benessere dei lavoratori

“La maggior parte dei candidati punta a uno o due giorni di lavoro in agilità alla settimana, per meglio equilibrare sfera professionale e personale”, sottolinea Adami. Non si parla però solo di smart working: la pandemia ha cambiato in modo diretto e indiretto anche altri aspetti del mondo del lavoro.
Da una parte il Covid-19 ha portato le aziende a cercare qualcosa di diverso nei nuovi assunti, soprattutto agilità e flessibilità mentale, dall’altra ha portato i dipendenti a focalizzarsi maggiormente sull’importanza del proprio benessere fisico e psicologico. “In generale, le persone sono meno disposte a fare compromessi su questi aspetti, e il significativo aumento di dimissioni volontarie che hanno avuto luogo anche in Italia lo dimostra”, aggiunge Adami.

Great Resignation, non solo un fenomeno americano

A dimostrare che la Great Resignation non è un fenomeno unicamente americano, un’indagine Aidp, Associazione italiana per la direzione del personale, effettuata su 850 rispondenti tra direttori del personale e aziende, attesta che il 75% delle aziende italiane ha già avuto a che fare con un aumento delle dimissioni volontarie. In particolare, per quanto riguarda le aree informatica, marketing e produzione. “L’aumento delle dimissioni è in linea con la volontà via via più forte dei dipendenti di avere un lavoro quanto più possibile ideale – commenta l’head hunter -: si mira a posti in cui sia possibile fare davvero la differenza, in cui ci si possa sentire un elemento integrante e indispensabile”.

I giovani e i valori aziendali

Nel caso dei lavoratori più giovani sono ulteriori gli aspetti da prendere in considerazione: “per i Millennial è particolarmente importante il tema della formazione continua in azienda, con la possibilità di crescere, di imparare e di fare carriera, che finisce per superare per importanza il fattore stipendio”, dichiara Adami. Non va poi sottovalutato il fatto che i giovani sono sempre meno disposti a lavorare per realtà che non rispecchiano i loro valori: “anche questo punto deve essere tenuto in grande considerazione – puntualizza Adami – per non vedere calare inesorabilmente le candidature in risposta ai propri annunci di lavoro”.