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Google Meet ci fa più belli: arrivano i filtri per le call da PC

Google Meet, il noto servizio di videoconferenza di Google, sta implementando una nuova funzione che farà felici tanti professionisti. Infatti arriverà la possibilità per gli utenti di  migliorare, ma solo leggermente, il proprio aspetto prima di partecipare a una riunione.

Lo scorso anno tale funzione è stata introdotta sui dispositivi mobili; ora è disponibile anche sull’applicazione web di Google Meet, rendendo l’esperienza più facile e accessibile anche per gli utenti che utilizzano il servizio da computer. 

Due opzioni per migliorare

La nuova funzione offre due tipi di filtri: “sottile” e “levigante”. Secondo quanto dichiarato da Google, il filtro sottile apporta lievi miglioramenti alla carnagione, schiarisce le occhiaie e illumina gli occhi, mentre il filtro levigante accentua ulteriormente questi effetti. Insomma,  l’effetto c’è e almeno un po’ si vede.

Ma l’aspetto non cambia drasticamente

A differenza di altre applicazioni come Snapchat, i filtri di Google Meet non modificano drasticamente l’aspetto degli utenti. Dalle immagini fornite, sembra che gli effetti applicati siano piuttosto delicati e quasi impercettibili. L’obiettivo dovrebbe dare l’impressione che l’utente non stia utilizzando alcun filtro.

Queste opzioni di ritocco, riferisce Adnkronos, possono essere facilmente trovate e attivate attraverso le impostazioni di Google Meet, selezionando “Effetti visivi” e poi “Aspetto”. Da qui, è possibile attivare o disattivare il ritocco del ritratto e scegliere il filtro preferito.

Solo con abbonamenti a pagamento 

La funzione di ritocco del ritratto inizia a essere distribuita oggi, ma sarà disponibile solo per gli utenti con un abbonamento a pagamento, inclusi i piani Business Standard, Business Plus, Enterprise Essentials, Enterprise Starter, Enterprise Standard, Enterprise Plus, Education Plus e Teaching & Learning Upgrade. Anche gli abbonati a Google One e Google Workspace Individual avranno accesso ai ritocchi del ritratto.

Migliorare, non stravolgere

Sebbene Google sia arrivata un po’ in ritardo nel campo dei filtri per le videoconferenze rispetto a concorrenti come Zoom e Microsoft Teams, che già consentono di modificare in modo più evidente l’aspetto degli utenti, questa novità potrebbe essere apprezzata da chi cerca soluzioni discrete per presentarsi al meglio nelle videochiamate, senza alterare radicalmente il proprio aspetto naturale.

Sui social non esiste solo “una” Generazione Z

Lo ha scoperto Webboh Lab, con il suo primo Osservatorio digitale permanente dedicato alla Gen Z, creato insieme all’istituto di Ricerca Sylla: nonostante i media tendano a semplificare e sintetizzare, in realtà, non esiste una unica Generazione Z. Dalla ricerca emerge infatti che la Gen Z non è un monolite, anche nel suo rapporto con i social. 

Sono 24mila i ragazzi, tra 12 e 20 anni, che hanno partecipato all’indagine, e i risultati del report hanno consentito di profilare cinque atteggiamenti diversi dei giovani utenti riguardo ai social network.
Il primo, denominato Meme Maestro (40%), considera i social media una forma d’intrattenimento, come meme e video virali. Questo profilo condivide aspetti della propria vita e interessi, e si collega con i suoi coetanei per trarre ispirazione riguardo ai prodotti di tendenza.

Dal Creative Explorer al Like Lover 

Creative Explorer (18%), il secondo profilo più diffuso, utilizza i social media come una piattaforma per esprimere la propria creatività attraverso foto, scrittura e arte.
È composto da giovani a cui piace esplorare e approfondire i propri interessi, ma anche scoprire nuovi argomenti, condividere informazioni, promuovendo cause sociali e cercando aiuto e supporto.

Il terzo, quello dei Like Lover (17%), corrisponde a chi è appassionato di social media e cerca gratificazioni attraverso i feedback positivi, come i like e i commenti.
I giovani appartenenti a questo profilo utilizzano i social come una fuga dalla routine quotidiana, seguendo e contattando i propri idoli e creator preferiti per sentirsi parte di un mondo diverso.

Gli entusiasti Social Soul e i sognatori Digital Dreamer

Quello dei Social Soul (14%) è il profilo del giovane social media enthusiast che sfrutta principalmente le piattaforme per instaurare relazioni e conoscere nuove persone, maa anche per avere consigli e scoprire nuove passioni. Mentre Digital Dreamer (11%) è il profilo che racchiude gli aspetti di tutti i profili precedenti, e rappresenta quei giovani che utilizzano i social media come una piattaforma per esplorare e vivere un’identità online diversa dalla realtà.

Senza i social più noia, ma anche più sport

Dai risultati della survey viene anche sfatato il mito che i teenager si sentano soli senza i social.
In una scala da 1 (per niente) a 10 (massimo), il punteggio medio attribuito al ‘timore della solitudine’ è stato solo di 4,3, ed è uno degli ultimi marker per importanza tra quelli considerati.

I punteggi più alti, riporta Ansa, li hanno ottenuti ‘Mi annoierei’ e ‘Farei più sport’.
Altro dato interessante, è che senza i social la Gen Z sentirebbe la mancanza principalmente di WhatsApp, Instagram, TikTok e YouTube, mentre non soffrirebbe l’assenza di Facebook, ultimo dietro Twitch, Discord e X, a testimonianza della necessità forte di restare in contatto con i propri amici.

Frodi creditizie: nel primo semestre 2023 oltre 83 milioni di danni, +14,2%

È quanto emerge dall’Osservatorio CRIF – Mister Credit sulle Frodi Creditizie in Italia: nei primi sei mesi del 2023 si stima un danno complessivo superiore a 83 milioni di euro, +14,2% rispetto al medesimo periodo del 2022.
Nel primo semestre 2023 i casi di frode creditizia da furto d’identità salgono a oltre 17.100 (+10,8%), e aumenta del +3,1% anche l’importo medio frodato (4.845 euro).

La tipologia di prodotto maggiormente coinvolta continua a essere il prestito finalizzato (37,9%, +4,8%), e gli under 30 continua a essere la fascia d’età più colpita. A livello territoriale, più frodate Lombardia, Campania e Sicilia.

Carte di credito, +22,1%

Aumentano i casi di frode che interessano le carte di credito (+22,1%), circa il 12% del totale dei casi registrati nel periodo considerato. Si registra invece un calo considerevole per il credito revolving, oggi solo il 5,7% dei casi (-73%).
Inversione di tendenza per i prestiti personali, che registrano un notevole incremento (+61,2%), con una quota pari al 18,3% del totale dei casi stimati. Continua poi l’ascesa dei casi di frode sui mutui, che registrano un incremento del +17,7%.
Si evidenzia poi la crescita di una nuova tipologia di frode. Comparsa lo scorso anno, è relativa alla dilazione di pagamento per l’acquisto di beni o servizi. La quota di casi che riguardano questa nuova forma di credito, seppure ancora piccola rispetto al totale (2,8%), è più che triplicata rispetto al I semestre 2022.

Viaggi e intrattenimento le categorie a maggiore incidenza

Più che raddoppiati i casi di frode creditizia con un importo tra 3.001 e 5.000 euro (+112,4%, 10% del totale), in aumento le frodi con importi tra 10.001 e 20.000 euro, e in calo i casi di importi inferiore a 3.000 euro (-22,1%).
L’acquisto di elettrodomestici resta la tipologia di frode maggiormente diffusa (34,6%, -36,1%), seguita da auto-moto (16,5%, +34%), consumi/abbigliamento/lusso (9,4%), elettronica/informatica/telefonia (8%). Seguono, le spese per immobili/ristrutturazione (7,9%), arredamento (7,8%), e salute (6%).

In aumento  le frodi finanziarie/assicurative (7,7%), fenomeno riconducibile all’utilizzo sempre più frequente della rateizzazione delle polizze.
Per quanto riguarda la tipologia di bene in rapporto all’erogato, le categorie a maggiore incidenza sono viaggi/intrattenimento, costumi/abbigliamento/lusso, finanziarie/assicurazioni ed elettrodomestici.

Carta d’identità vera o falsa la più utilizzata 

Nello 0,08% dei casi risulta utilizzato un codice fiscale apparentemente regolare ma inesistente, quindi mai rilasciato dall’Agenzia delle Entrate. Viene poi confermato l’utilizzo preponderante della carta di identità come documento identificativo (83,1% del totale, +1,3%). A seguire, patente (15,1%), e passaporto (1,3%).
L’1,46% dei documenti presentati in fase di identificazione anagrafica è una carta di identità contraffatta, oppure valida ma non riconducibile al soggetto, mentre per le patenti questo dato arriva al 2,93%.
I tempi di scoperta delle frodi sono poi sempre più polarizzati: entro 12 mesi (+24,8%) o dopo 3, 4, 5 anni (+33,7%). Ma l’incremento maggiore è tra 2 e 3 anni (+49,2%).

La tecnologia non rende stupidi, anzi, esalta le nostre capacità cognitive

È un luogo comune quello per cui la tecnologia e l’uso di smartphone e tablet ci renda ‘stupidi’, sembra infatti che non comprometta le nostre abilità cognitive, ma le esalti e le convogli verso ciò che oggi realmente ci serve. In pratica, quello che gli smartphone e la tecnologia digitale sembrano fare è semplicemente cambiare il modo in cui utilizziamo le nostre capacità cognitive. Lo ha scoperto un articolo dell’Università di Cincinnati, pubblicato sulla rivista Nature Human Behaviour. È noto che della tecnologia non ne possiamo più fare a meno, e che si è arrivati a un utilizzo sempre più massiccio di telefonini e device, ormai entrati nelle nostre vite tanto che non potremmo più rinunciare a essere connessi, comunicare e svolgere molte delle nostre attività quotidiane senza l’ausilio di un dispositivo tecnologico. La buona notizia quindi è che usare la tecnologia non abbassa le nostre capacità intellettuali.

Contrordine, i telefonini integrano il pensiero aiutandoci a eccellere

“Nonostante i titoli – afferma il professor Anthony Chemero, co-autore dell’articolo – non ci sono prove scientifiche che dimostrino che gli smartphone e la tecnologia digitale danneggino le nostre capacità cognitive biologiche”. Nel documento, il professor Anthony Chemero e i colleghi della Rotman School of Management dell’Università di Toronto espongono l’evoluzione dell’era digitale, spiegando come la tecnologia intelligente integri il pensiero, aiutandoci così a eccellere.

I cambiamenti ci sono, ma sono benefici

“Quello che gli smartphone e la tecnologia digitale sembrano fare è cambiare il modo in cui utilizziamo le nostre capacità cognitive”, specifica l’esperto, aggiungendo che “questi cambiamenti sono in realtà benefici”.
Un esempio? Lo smartphone conosce la strada per lo stadio in modo che si non debba consultare una mappa cartacea o chiedere indicazioni, il che ‘libera’ energia cerebrale per pensare ad altro. Lo stesso vale in un ambiente professionale. “Non risolviamo complessi problemi matematici con carta e penna o memorizziamo numeri di telefono nel 2021”, aggiunge Chemero.

Integrati dalla tecnologia siamo in grado di svolgere compiti più complessi

Inoltre, la tecnologia intelligente aumenta le capacità decisionali in situazioni difficili da risolvere da soli, riporta una notizia Ansa. Un esempio pratico? Quando ci troviamo in una città dove non siamo mai stati la tecnologia GPS sui telefonini non solo può aiutarci ad arrivare senza problemi in un luogo prestabilito, ma ci consente di scegliere un percorso in base alle condizioni del traffico.
“Il risultato – spiega ancora il professor Chemero – è che, integrati dalla tecnologia, siamo effettivamente in grado di svolgere compiti molto più complessi di quanto potremmo fare unicamente con le nostre capacità biologiche”.

Bambini, emozioni come rebus se chi le esprime indossa la mascherina

Le mascherine, le nostre odiate/amate compagne di vita di questi ultimi, lunghi mesi, influenzano negativamente la capacità dei bambini di riconoscere le emozioni di chi le indossa. Ha misurato questo fenomeno sui bambini dai 3 ai 5 anni lo studio da poco pubblicato su “Frontiers in Psychology” e svolto da team di ricerca di Monica Gori, U-Vip (Unit for Visually Impaired People) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). 

Senza obbligo, ma con conseguenze

Anche se tra i 3 e i 5 anni non vige l’obbligo di indossare mascherine, i bambini sono comunque esposti all’uso di tali dispositivi in diversi contesti quotidiani. Da qui la necessità di misurarne le conseguenze.  I ricercatori IIT hanno preparato un questionario contenente immagini di persone con e senza mascherina e somministrato mediante computer, tablet o smartphone a 119 soggetti di cui 31 bambini tra i 3 e i 5 anni, 49 bambini tra i 6 e gli 8 anni e 39 adulti tra i 18 e i 30 anni. I soggetti dovevano provare a riconoscere le espressioni dei volti, con e senza mascherina chirurgica, che esprimevano diverse emozioni, dall’allegria alla paura. I risultati hanno dimostrato come i bambini tra i 3 e i 5 anni siano in grado di riconoscere le espressioni facciali che esprimono felicità e tristezza se coperte dalla mascherina solo il 40% delle volte. Le percentuali salgono al salire dell’età: tra i 6 e gli 8 anni (55-65%) e tra gli adulti (70-80%). 

Risultati da misurare nel tempo

“L’esperimento è stato condotto nelle primissime fasi della pandemia nel 2020, le mascherine allora erano ancora una novità per tutti. Speriamo che oggi i bambini siano riusciti ad adattarsi”, commenta Monica Gori. 
“Nello studio abbiamo lavorato con bambini e adulti che non presentavano alcun tipo di disabilità – spiega Maria Bianca Amadeo, ricercatrice IIT e co-autrice dello studio – ovviamente queste osservazioni risultano ancora più importanti quando si parla di bambini affetti da disabilità che implicano difficoltà di interazione sociale”. 
Nei prossimi anni saranno fondamentali i lavori mirati a indagare quale sia stato l’effettivo impatto di questa misura precauzionale sulla capacità di interagire dei bambini, con o senza disabilità. Nel frattempo lo studio IIT suggerisce di valutare l’utilizzo di mascherine trasparenti per tutti gli operatori a contatto con bambini di 3-5 anni o l’ideazione di percorsi specifici per insegnare ai bambini il riconoscimento delle emozioni solo mediante l’osservazione degli occhi.

Come individuare il condizionatore perfetto per le proprie necessità

Tipicamente, quando arriva il periodo estivo, cominciamo a pensare di acquistare un condizionatore d’aria per rendere più piacevole la temperatura dell’aria in casa. Quel che bisogna tenere in considerazione è la scelta in funzione della potenza necessaria a raffreddare bene l’aria all’interno della stanza in cui pensiamo di installarlo.

È importante fare questo ragionamento perché altrimenti il rischio è quello di fare un acquisto errato andando a scegliere un dispositivo sovradimensionato o sottodimensionato.

Come determinare la potenza di un condizionatore d’aria

La potenza di un condizionatore d’aria è espressa in BTU, che è una unità di misura che va ad indicare la quantità di energia necessaria indispensabile per riuscire ad aumentare la temperatura dell’acqua. Questo parametro è sempre ben visibile sulla confezione di un condizionatore d’aria o sulla sua scheda tecnica, ed è proprio il parametro di riferimento che dobbiamo analizzare per capire quanto quell’apparecchio sia potente.

Per capire di quanti BTU abbiamo bisogno è necessario andare a misurare quanti metri quadrati sia l’ambiente in cui lo vogliamo andare ad installare ed effettuare un semplice calcolo. Basta infatti andare ad effettuare la moltiplicazione della dimensione dell’ambiente per 300.

Nel caso di una stanza da 25 metri quadri ad esempio, viene fuori che abbiamo bisogno di un climatizzatore della potenza di circa 7500 BTU. Questo è un calcolo che ha un margine di errore basso e che consente di effettuare un acquisto mirato.

L’efficienza energetica di un condizionatore

Oltre alla potenza dobbiamo chiaramente considerare la classe energetica, considerando che la A+++ è la più efficiente, dato che proprio da questo parametro dipende buona parte del consumo di energia elettrica. Da questo punto di vista, bisogna ricordare che i moderni condizionatori Mitsubishi sono in assoluto tra i più efficienti e quelli maggiormente in grado di garantire un risparmio energetico consistente a fronte di una resa ottimale.

Tenendo a mente il calcolo della potenza espressa in BTU e l’efficienza energetica di ogni singolo dispositivo sarà davvero facile andare ad individuare il condizionatore perfetto per le nostre necessità.

Boom videochiamate da cellulare, nel 2020 1,8 miliardi di utenti

La pandemia da Covid-19 nel 2020 ha fatto aumentare in maniera considerevole il numero di videochiamate. Con i lockdown, le restrizioni sugli spostamenti e la diffusione dello smart working l’anno scorso in tutto il mondo c’è stato un vero e proprio boom di videochiamate, grazie all’adozione sempre più massiccia di servizi forniti da piattaforme come Zoom, Google Meet e Microsoft Teams. Secondo uno studio condotto da Juniper Research, dal titolo Mobile Voice & Video Calling: Operator Strategies, Vendor Opportunities & Market Forecasts 2021-2025, gli utenti iscritti a uno dei servizi che consentono di effettuare videochiamate tramite un dispositivo mobile hanno raggiunto infatti la cifra di 1,8 miliardi a livello globale.

Nel 2019 gli utenti registrati erano 1,2 miliardi. In un anno 600 milioni in più

Lo studio condotto dalla società di ricerca, previsione e consulenza per i mercati della tecnologia digitale, dimostra che si tratta di una crescita significativa, pari al 50% rispetto al totale di 1,2 miliardi di utenti registrati nel 2019. In pratica, 600 milioni di utenti in più in un solo anno. Secondo il rapporto, inoltre, a prescindere dal perdurare dell’emergenza sanitaria, in futuro il numero continuerà a salire, fino ad arrivare a 4,5 miliardi di utenti nel 2025. Una cifra, riporta Ansa, che corrisponde al 50% degli abbonati “mobile” in tutto il mondo, e alla metà della popolazione mondiale.

Nord America ed Europa le aree di maggior diffusione, anche in futuro

Quanto alle aree a maggior diffusione, il Nord America e l’Europa sono le due regioni che secondo lo studio sperimenteranno il maggior utilizzo delle soluzioni di chiamate vocali e video nei prossimi quattro anni. Si prevede inoltre che entro il 2025 oltre il 70% degli abbonati utilizzerà soluzioni di videochiamata mobile in queste regioni, questo soprattutto grazie a una maggiore pervasività degli smartphone tra la popolazione.

Nei prossimi 4 anni aumenterà il numero globale di connessioni VoLTE

La ricerca di Juniper Research prevede inoltre che il numero globale di connessioni VoLTE, cioè le chiamate vocali (Voice over Lte) raggiungerà i 5,5 miliardi entro il 2025, una cifra in aumento rispetto ai 3,3 miliardi di chiamate vocali previste nel 2021. Tale crescita del 60% nei prossimi quattro anni sarà accelerata anche dall’aumento dell’adozione di abbonamenti 5G, poiché i servizi VoLTE sono inclusi negli standard della tecnologia di nuova generazione. Un’altra indicazione espressa dallo studio in relazione al mercato riguarda però anche una sempre maggiore integrazione dei servizi di videochiamata negli smart speaker per massimizzare il valore del proprio servizio, riporta HdBlog.

Ambiente e territorio, le priorità per chi abita nel Nord-Ovest

I residenti del Nord-Ovest italiano nel 2020 si sentono più esposti ad alcuni rischi di tipo economico rispetto al resto del Paese. In particolare, i motivi di preoccupazione sono l’aumento del costo della vita (47% contro il 41% a livello nazionale), il reddito incerto e la situazione economica difficile per i figli o i nipoti (36% contro il 33%) e l’incapacità di mantenere nel tempo il proprio tenore di vita (28% contro il 24%). Aumento del costo della vita e timori sullo scenario economico con possibili ricadute negative sul futuro dei figli sono quindi alcune delle principali preoccupazioni espresse dagli abitanti del Nord-Ovest.  È quanto emerge da dati Ipsos riferiti al 2019, che mostrano come queste preoccupazioni siano accentuate ulteriormente nel difficile momento post emergenza sanitaria.

Sostenibilità come valore in grado di mitigare le percezioni negative

I dati Ipsos evidenziano anche come nelle regioni del Nord-Ovest, Liguria compresa, il 72% della popolazione affermi di conoscere il concetto di sostenibilità, e il 24% delle persone consideri ambiente e territorio una priorità, al terzo posto dopo mobilità (45%) e occupazione ed economia (31%).

Sostenibilità, dunque, come valore in grado di mitigare le percezioni negative? È una delle possibili chiavi di lettura dei dati affrontata nel corso della tappa di Genova del Salone della CSR e dell’innovazione sociale, la manifestazione italiana dedicata ai temi della sostenibilità, che ha sviluppato un dibattito su Resilienza trasformativa e voci plurali. Alla manifestazione hanno partecipato rappresentati delle istituzioni, mondo accademico e realtà imprenditoriali e del Terzo settore.

Necessità di essere resilienti, ma in una logica trasformativa

“La sostenibilità richiede la collaborazione di tutti gli attori sociali – spiega Rossella Sobrero, del Gruppo promotore del Salone – soprattutto in periodi difficili come quello che stiamo attraversando. Nella tappa di Genova è stata ricordata anche la necessità di essere resilienti, ma in una logica trasformativa per riuscire a gestire il cambiamento con risultati positivi per tutti. Per farlo è necessario uscire dalla comfort zone a cui siamo abituati e imparare ad ascoltare tante voci diverse: la resilienza trasformativa richiede infatti uno sguardo aperto e una visione olistica, fattori essenziali per riconoscere le sfide emergenti e trovare soluzioni innovative”.

Un approccio sostenibile e condiviso volto alla creazione di un valore comune

La tappa di Genova del Salone è stata organizzata in collaborazione con Eticlab. “Quest’anno, proprio per la situazione di emergenza che tutti ci siamo trovati nostro malgrado a dover affrontare è ancora più evidente come di fronte a sfide, anche inaspettate, un approccio sostenibile e condiviso, volto alla creazione del valore comune, possa davvero essere una risposta concreta” ha commentato Giovanni Battista Valsecchi, presidente Eticlab.

Grazie al web i giovani riscoprono i tg

La tv non perde la sua capacità di contaminare i social, e grazie a Internet i giovani riscoprono i telegiornali. Secondo uno studio dell’agenzia di Klaus Davi, svolto su un campione di 485 ragazzi in età compresa dai 16 ai 30 anni, il 58% degli intervistati afferma di guardare almeno un telegiornale in televisione ogni giorno, e il 78% dichiara di informarsi quotidianamente tramite i social network e di guardare almeno una volta al giorno un servizio ritagliato da un tg sul web. La percentuale sale fino all’86% per i giovani che fruiscono quotidianamente di app destinate all’informazione o di servizi come Google News, e un under 30 su tre dichiara di fruire regolarmente dei servizi dei telegiornali direttamente sulle piattaforme web delle reti televisive.

Facebook e Twitter i social più utilizzati per condividere notizie dei telegiornali

Gli argomenti tematici che catturano di più l’attenzione dei giovani sono la cronaca (95%), gli esteri (88%), le notizie sui vip (77%), lo sport (70%), mode e stili di vita (65%), e la salute (43%). I tg istituzionali, i cui servizi sono fruiti di più dai giovani sul web sono risultati Studio Aperto, TG5, SkyTg24 e TGCom24, mentre il device più utilizzato è lo smartphone (90%), seguito da pc (78%) e tablet (22%). I social network più utilizzati per la condivisione e il commento dei servizi dei telegiornali sono quasi esclusivamente Facebook (85%) e Twitter (72%). Risulta comunque in crescita l’utilizzo di Instagram, con i profili delle reti all-news Rainews24, TGCom24 e SkyTg24 assoluti protagonisti.

Il 78% dei ragazzi ritiene i servizi dei tg più attendibili rispetto ai social

Il giudizio dei ragazzi su qualità e affidabilità dei tg inoltre è risultato positivo: il 78% ritiene i servizi dei telegiornali più attendibili rispetto ai social come fonte di informazione. Fra le critiche, l’eccesso di politica. Per il 58% degli intervistati, infatti, andrebbe fortemente ridimensionato lo spazio dedicato a questa area tematica. Tuttavia, nell’ultimo anno due ragazzi su tre hanno consigliato a un amico o famigliare di guardare un servizio di un tg visto sulle piattaforme online o in tv.

I canali tradizionali di consumo restano appannaggio dei senior

I canali tradizionali di consumo dei tg, riferisce Italpress, restano comunque appannaggio dei senior: profili con stili di vita e metodi di consumo diversi, come certificano i dati del centro media Omnicom Media Group. Secondo il quale i senior, specularmente alla crescita dell’età media della popolazione, risultano numericamente più forti. Il pubblico medio più giovane è quello di SkyTg24 (53 anni in media nella versione satellitare, 55 in quella digitale), ed è buona anche la performance di TGCom24, con 58 anni di media. Il pubblico più maturo appartiene invece a Rainews24, con una media di 63 anni.

Nasce l’app per esercitare gli occhi di chi naviga sui device

Ammiccare per umettare gli occhi, esercitare la vista e instillare sostituti lacrimali o colliri medicali in base alla prescrizione del medico oftalmologo. Questi i consigli della Regola Internazionale 20/20/20 Blinking per ridurre lo stress visivo (Astenopia) di chi passa molto tempo davanti allo schermo di un pc, un tablet o uno smartphone. E per aiutare i naviganti a ricordare queste semplici linee guida nasce Wink – remember to close your eyes, l’app ideata dalla Dott.ssa Anna Poggianella, optometrista e contattologa, che da tempo si occupa del disagio oculare legato alla navigazione digitale.

L’allarme degli oftalmologi

A causa dell’eccessivo tempo passato davanti agli smartphone e altri device si riduce il film lacrimale sulla superficie esterna dell’occhio. Se lo “sbarramento oculare” induce l’ammiccamento spontaneo di circa 16 battiti al minuto, per effetto dell’attenzione questo viene ridotto dal 60% all’80% dopo i primi 20/30 minuti di utilizzo dei VDT.   A lanciare l’allarme, riporta Ansa, sono gli oftalmologi del College of Medicine University Hospital di Seul, autori di ricerche a campione, che hanno dimostrato come il disturbo si manifesti con bruciore e senso di corpo estraneo negli occhi. Lo schermo di questi dispositivi a diodi, che i più piccoli usano a distanza ravvicinata per giocare, chattare, guardare i video, cartoni animati e film, sforzerebbero troppo la vista.

La luce blu che causa fototossicità retinica

“Nella prima release dell’app avevo pensato a questo strumento solo per gli adulti, ma più ricerche pubblicate anche su Bmc Ophthalmology, sostengono che la Syndrome Dry Eye può colpire anche i più piccoli che usano tablet e smartphone”, spiega Anna Poggianella. Che suggerisce inoltre di “non utilizzare i device sul tardi della sera nella fase del momento dell’addormentamento, per non rischiare disturbi del sonno, ma anche fototossicità retinica causata dalla luce blu emessa dai dispositivi che in maniera invasiva entra all’interno del foro pupillare che di notte è più largo in midriasi”.

Tre esercizi per salvaguardare la salute dell’occhio

L’app permetterà di svolgere 3 esercizi con la gif Wink: il primo sollecita l’ammiccamento, il secondo allena i muscoli estrinseci e intrinseci spostando gli occhi a destra e sinistra, il terzo serve per lo stretching dei 6 muscoli che abbiamo per occhio. Le rotazioni in senso orario e antiorario riportano elasticità per una buona messa a fuoco da lontano e vicino.

Terminati gli esercizi, bisogna alzarsi dalla postazione per osservare un punto distante fuori dalla finestra contando fino a 20. Il ciclo del 20/20/20 Blinking è così rispettato.