In Italia il lavoro si cerca su Facebook

In Italia il lavoro si cerca su Facebook. Il 35% degli italiani in cerca di un’occupazione utilizza il social network per trovare nuove opportunità di carriera e mettersi in contatto con le aziende che sono alla ricerca di personale. Secondo l’Osservatorio di e-work, agenzia per il lavoro, di questi il 53% sono uomini e il 47% donne. La maggior parte sono residenti al Nord (62%), e tra questi il 28% a Milano. Gli stranieri rappresentano il 16% del totale, e la fascia di età che più utilizza Facebook per cercare lavoro è quella tra i 26 e 45 anni (37%), seguita a ruota dagli utenti con età compresa tra i 18 e i 25 anni (35%) e da quella degli over-45 (28%).

“I social network rappresentano un ottimo strumento per chi cerca un’occupazione online”

“Insieme ai siti, ai portali e alle App dedicate al mondo del lavoro, i social network rappresentano un ottimo strumento per chi cerca un’occupazione online”, spiega Paolo Ferrario, presidente e amministratore delegato dell’agenzia per il lavoro e-work.

Se Linkedin resta ancora il punto di riferimento principale per trovare lavoro, Facebook sta diventando uno strumento sempre più importante. E nei prossimi anni si prevede che, come già accade all’estero, a questo scopo verranno utilizzati sempre di più anche Youtube e Twitter, riporta Adnkronos.

I social media hanno una funzionalità circolare

I candidati che in Italia utilizzano Facebook per cercare lavoro nella maggior parte dei casi si occupano di marketing e comunicazione (32%), IT (24%), risorse umane (15%) e amministrazione (12%).

“Il miglior consiglio per chi cerca lavoro in rete è quello di puntare a una politica di trasparenza. I social media hanno una funzionalità circolare. Per chi cerca lavoro rappresentano una chiave per entrare in contatto con il mondo dei recruiter – aggiunge Ferrario -. A noi professionisti, i social vengono in soccorso per avviare la scelta del miglior profilo, ma servono anche per selezionare e quindi tagliare le candidature”.

55 volte su 100 il profilo social fa cambiare idea al selezionatore

A volte i selezionatori decidono infatti di escludere potenziali candidati proprio dopo aver consultato i loro profili online. I social rappresentano quindi la classica arma a doppio taglio.

Il focus sui profili dei candidati viene effettuato non soltanto in fase preliminare, ma spesso anche dopo un colloquio di selezione. E in questo caso 55 volte su 100 il profilo social fa cambiare idea al responsabile della selezione. E il candidato viene escluso.

Segno meno per la fiducia dei consumatori: in maggio l’indice tocca il suo valore più basso

Il clima di fiducia dei consumatori italiani è in netto peggioramento, e a maggio 2018 da 116,9 l’indice scende a 113,7. Ma secondo gli ultimi dati Istat anche l’indice composito che riguarda le imprese è in flessione, anche se di lieve entità, passando da 105,0 a 104,7.

“Il marcato calo dell’indice del clima di fiducia dei consumatori a maggio – commenta l’Istat – interrompe la sostanziale tenuta registrata nei primi 4 mesi del 2018”. A maggio infatti la fiducia dei consumatori raggiunge il valore più basso dallo scorso settembre: ad agosto era pari a 111,3.

Al calo dell’indice hanno contribuito i giudizi, e soprattutto le attese, sulla situazione economica, anch’esse fortemente peggiorate.

Differenti intensità di flessione

L’evoluzione negativa dell’indicatore di fiducia dei consumatori riflette dinamiche sfavorevoli di tutte le componenti, ma con differenti intensità. Il clima personale e quello corrente passano infatti rispettivamente da 108,0 a 107,7, e da 114,0 a 112,4, mentre il clima economico diminuisce da 141,8 a 132,6, e quello futuro passa da 121,1 a 116,5, mostrando quindi flessioni più marcate, riporta una notizia Askanews.

Con riferimento al mondo delle imprese, il clima di fiducia diminuisce nel settore delle costruzioni (da 135,2 a 134,1), e in quello dei servizi (da 106,4 a 106,0), ma rimane stabile nella manifattura (a quota 107,7). Nel commercio al dettaglio, invece, si stima un aumento dell’indicatore, che passa da 97,6 a 99,8.

Il settore manifatturiero e quello delle costruzioni

A livello settoriale nel comparto manifatturiero migliorano i giudizi sugli ordini, mentre le attese sulla produzione sono in calo, e il saldo dei giudizi sulle scorte di magazzino registra un leggero aumento. Nel settore delle costruzioni si stima un diffuso miglioramento dei giudizi sugli ordini, a cui però si uniscono stime in calo per le aspettative sull’occupazione.

Per quanto riguarda i servizi, l’evoluzione negativa riflette un peggioramento sia dei giudizi sia delle attese sugli ordini. I giudizi sull’andamento degli affari sono invece in miglioramento, e per il settore del commercio al dettaglio, se i giudizi sulle vendite sono in peggioramento, si stima un aumento delle aspettative sulle vendite future.

“Un andamento prevedibile, strettamente connesso alla situazione di instabilità”

Secondo Federconsumatori, riferisce la Repubblica, si tratta di “un andamento ampiamente prevedibile, strettamente connesso alla situazione di instabilitàpolitica, che si riflette sull’andamento economico, causando allarmanti ripercussioni. È inevitabile, in tale contesto, l’apprensione di famiglie e imprese, fattore che di certo peserà sull’andamento economico dei prossimi mesi”.

Vendere online all’estero? Solo il 22% degli e-shop italiani lo fa

Ancora troppo poco internazionali rispetto ai concorrenti stranieri, gli e-shop italiani vendono poco all’estero. Nonostante l’era digitale, appena il 22% dei negozi online vende all’estero, solo l’8% si presenta in doppia lingua, e la percentuale che propone pagamenti in una valuta differente dall’euro si limita al 4%.

Ad accendere un faro sul cosiddetto “cross border trade”, ovvero la possibilità di vendere online anche all’estero, è uno studio di Idealo, portale di acquisti online che anticipa all’Adnkronos dati e cifre del fenomeno.

Esiste una forma di preclusione nei confronti di ciò che va oltre i confini nazionali

Nonostante l’e-commerce offra “una piattaforma che elimina ogni barriera geografica mettendoci di fronte a una platea internazionale”, sottolinea Fabio Plebani, Country Manager per l’Italia di Idealo.it, i dati che emergono dallo studio evidenziano come ci sia una forma di preclusione nei confronti di ciò che va oltre i confini nazionali. E lo dimostra il fatto che la stragrande maggioranza dei digital store nostrani sia esclusivamente in lingua italiana, o che accetti solo l’euro come valuta di pagamento. O, ancora, che non sia preparata alle spedizioni fuori dal territorio nazionale.

Come crescere a livello internazionale?

Ma come crescere a livello internazionale? Plebani non ha dubbi: “Il primo passo è quello di dare il via ad un cambiamento di mentalità”.

Secondo l’analisi, il cross border trade rappresenta infatti un’opportunità per tutti gli attori coinvolti nella digital economy, dai consumatori agli stessi e-shop. “Ci è dispiaciuto riscontrare come l’e-commerce nostrano non abbia colto nel corso degli anni l’occasione offerta dal cross border, e ci preme segnalarlo non per mettere in luce una mancanza, ma per evidenziare che si può ancora rimediare – aggiunge Plebani -. Siamo convinti che aprirsi al commercio transfrontaliero possa solo portare un valore aggiunto e per tutti gli attori coinvolti, sia per i consumatori che per gli e-shop”.

L’ultimo report di Eurostat parla chiaro: l’e-commerce in Europa gode di ottima salute

Se si guarda al commercio online, l’ultimo report di Eurostat mette in luce come l’e-commerce in Europa goda di ottima salute. Nel Regno Unito, ad esempio, l’86% degli utenti internet utilizza il canale online per fare acquisti, in Svezia la percentuale è dell’84% ed in Germania dell’82%.

Considerando che in Italia la percentuale si attesta attorno al 43%, contro una media europea del 68%, secondo Plebani “risulta chiaro il vantaggio di un e-shop nostrano che decida di vendere anche all’estero”.

Disintossicarsi da Facebook riduce lo stress e giova alla salute

Prendersi una vacanza da Facebook, o addirittura dirgli addio, per disintossicarsi dallo stress da like. Perché no, visto che la lontananza dal social potrebbe avere anche un effetto benefico sulla salute. Smettere con i social riduce infatti i livelli di cortisolo, un ormone chiave collegato allo stress. Questo, almeno, è quanto emerge da uno studio dell’Australian Catholic University e dell’University of Queensland in Australia pubblicato sul Journal of Social Psychology. Ma siamo davvero in grado di abbandonare per sempre la nostra vita virtuale sul social network?

Lo studio ha coinvolto 138 persone, e lo stop da Facebook è durato 5 giorni

Le dimensioni dello studio, comunque, sono piuttosto ridotte: il team ha coinvolto 138 persone e lo stop è stato solo di 5 giorni. Quindi, generalizzare i risultati per gli oltre 1 miliardo di utenti del social è piuttosto azzardato. In ogni caso la misurazione del cortisolo nella saliva dei volontari ha mostrato l’effetto sull’ormone di chi ha continuato a usare il social e di chi invece ha smesso di connettersi. Il gruppo infatti è stato diviso in due, di cui una metà ha rinunciato a Facebook per il periodo stabilito, e una metà ha continuato a utilizzarlo.

Meglio uno stop temporaneo o definitivo?

Secondo la ricerca, però, rinunciare a Facebook sembra avere ridotto anche il senso di benessere delle “cavie umane” che si sono sottoposte “all’esperimento”. Tanto che, dopo il periodo di test dei 5 giorni, la maggioranza dei volontari è stata felice di riattivare il profilo, si legge appunto sul Journal of Social Psychology.

“Se i partecipanti hanno mostrato un miglioramento nello stress fisiologico con la pausa, hanno però anche riferito una riduzione dei sentimenti di benessere”, riferisce lo psicologo Eric Vanman dell’University of Queensland. Senza poter controllare e aggiornare il proprio profilo “le persone si sentivano più insoddisfatte della propria vita – continua Vanmam – tanto che volevano riprendere la loro attività su Facebook”.

Non possiamo vivere con Facebook, ma neanche senza

Alla luce di questi risultati, i ricercatori pensano perciò che per la salute generale gli stop temporanei siano più utili di complete interruzioni con il social network. Insomma, una breve vacanza da Facebook migliora lo stress degli utenti. Forse non possiamo vivere con Facebook, ma neanche senza. Allora come fare? Il suggerimento dei ricercatori è quello di prendersi qualche vacanza dal social network, dei mini-stop disintossicanti per tornare al social quando ne sentiamo di nuovo il bisogno.

I pagamenti digitali sono più veloci e sicuri. Anche per gli esercenti

I pagamenti effettuati con le transazioni digitali sono più sicuri, veloci e anche più economici. E non solo per i consumatori, ma anche per gli esercenti italiani, che non devono più preoccuparsi dei costi, poiché le commissioni sul pagamento elettronico sono state tagliate, così come già accade in altri Paesi europei. Ora per i pagamenti con bancomat e prepagata la commissione interbancaria per ogni operazione di pagamento non potrà superare lo 0,2% del valore dell’operazione stessa, mentre per quelli con carta di credito la commissione non deve superare lo 0,3%.

Commissioni di importo ridotto anche per cifre molto basse

Confermato anche il divieto di surcharge, ossia il divieto di applicare un sovrapprezzo per l’utilizzo di un determinato strumento di pagamento. Per quanto riguarda, invece, le commissioni interbancarie per le operazioni nazionali tramite carte di pagamento, i prestatori di servizi di pagamento saranno tenuti ad applicare per tutti i tipi di carte commissioni di importo ridotto per i pagamenti fino a 5 euro, rispetto a quelle applicate alle operazioni di importo pari o superiore, così da promuovere l’utilizzo delle carte anche per cifre molto basse, riporta Adnkronos. E tra le misure previste dal regolamento spicca anche la riduzione della franchigia massima a carico degli utenti in caso di pagamenti non autorizzati, che passa da 150 a 50 euro.

Agevolare i clienti stranieri e i clienti dei taxi

I pagamenti elettronici sono ben visti anche dagli esercenti che hanno un maggiore contatto con gli stranieri. “Sono molti gli stranieri che chiedono di pagare con la carta – racconta Carlo, tassista di professione  -. Anche per tratte brevi, non importa, le commissioni non esistono per i pagamenti sotto i 10 euro e il guadagno è comunque assicurato. Pagare il taxi con la carta, inoltre, è richiesto almeno dal 50% dei clienti italiani e per questo il settore si sta sempre di più attrezzando: ormai il pos a bordo è diventata una consuetudine”.

Non dover maneggiare denaro contante è una sicurezza in più

Stesso discorso per le edicole. “Giornali, biglietti per autobus o ticket parcheggi mi vengono sempre di più pagati con la carta qui all’edicola – assicura Marco, edicolante -. È anche una questione di sicurezza non armeggiare con la cassa o addirittura con il portafoglio, la connessione è molto più tranquilla e sicura, senza avere il pensiero di andare in giro a cambiare le famose carte da 20 o anche da 50 euro”.

Meccanica made in Italy, quella lombarda fa volare le esportazioni in Germania

La Lombardia si conferma la regina italiana della meccanica. Milano è prima in regione per interscambio (5,2 miliardi di euro), Brescia per export con 1,7 miliardi di euro in 9 mesi. Sono 34mila le imprese lombarde attive nella meccanica e 390mila gli addetti. In Brianza circa 3mila le imprese e oltre 26mila gli addetti. Di tutto rispetto il valore dell’export brianzolo verso la Germania, che ammonta a più di 459 milioni di euro, in crescita del 7,2% tra 2016 e 2017.

Lombardia-Germania, un interscambio da 15 miliardi in 9 mesi

L’interscambio lombardo con la Germania del comparto meccanica ammonta a quasi 15 miliardi di euro nei primi 9 mesi del 2017, e registra una crescita dell’8,7% rispetto allo stesso periodo del 2016. Prime in regione per interscambio commerciale sono Milano (5,2 miliardi di euro) e Brescia (2,3 miliardi). Seguono Bergamo e Pavia (oltre 1 miliardo di euro per entrambe), Lecco ( 976 milioni) e Monza Brianza (737 milioni). Prima per export è Brescia con oltre 1,7 miliardi di merci esportate in Germania dei settori legati alla meccanica. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati Istat a settembre 2017 e 2016.

“La Germania si conferma un importante e storico partner commerciale per le imprese lombarde, con un  interscambio che nei soli primi nove mesi del 2017 ha superato i 14 miliardi di Euro, con variazioni positive sia dell’import (+7,5%) che dell’export (+10,2%). Prevedere a Monza focus tematici specifici sull’esportazione in Germania nell’ambito della meccanica, e in Europa per quanto riguarda l’alimentare significa mettere in campo  opportunità concrete per sostenere i processi di internazionalizzazione delle imprese” ha dichiarato Carlo Edoardo Valli, Presidente Promos e Vice Presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

Quale vale l’export lombardo per settore

Le esportazioni lombarde verso la Germania del settore meccanica ammontano a oltre 6,3 miliardi di euro tra gennaio e settembre 2017, in crescita del +10,2% in un anno. Il business dell’automotive pesa circa il 17% del totale, si tratta di circa 400 milioni di euro di export di automobili a cui si aggiungono oltre 700 milioni di euro nel settore carrozzerie per autoveicoli, motori e accessori. Segue l’export di macchine di impiego generale (oltre 1 miliardo) e quello di altri prodotti in metallo (953 milioni di euro).

Meccanica in Lombardia

Si tratta complessivamente di circa 34mila imprese attive nel 2017, in tutta la regione che danno lavoro a poco meno di 390mila addetti. A Milano le imprese attive nei settori della meccanica sono 9.134 (117.464 addetti), Brescia al secondo posto conta 6.750 imprese (quasi 84mila addetti), Bergamo al terzo con 4.160 imprese (53.912 addetti). Seguono Varese e Monza e Brianza (entrambe contano circa 3mila imprese attive).

Germania chiama Brianza

Le esportazioni Made in Brianza della meccanica verso la Germania ammontano a 459 milioni di euro nei primi 9 mesi del 2017, in crescita del 7,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I volumi maggiori di esportazioni si registrano nel comparto altri prodotti in metallo (203 milioni di euro), nel comparto macchine di impiego generale (circa 70 milioni di euro), altre macchine per impieghi speciali (34milioni di euro) e nel settore dell’ automotive (autoveicoli, carrozzerie per autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, parti e accessori per autoveicoli e motori) con circa 25 milioni di merci esportate nei primi 9 mesi del 2017. Le imprese attive in Brianza nel comparto della meccanica sono 2.883 (-1,9%) e danno lavoro a oltre 26mila addetti. Nel dettaglio, le imprese della fabbricazione di prodotti in metallo sono 1.987 ( 13.688 addetti), 716 imprese di fabbricazione di macchinari ed apparecchiature (8.973), 40 imprese di fabbricazione di autoveicoli rimorchi e semirimorchi (742 addetti) e 59 imprese di fabbricazione di altri mezzi di trasporto (1.042 addetti).

Il lavoro di domani? L’esperto di cybersicurezza

I punti deboli della rete e le possibilità, sempre più frequenti e concrete, di essere sottoposti ad attacchi criminosi saranno i fil rouge delle professioni prossime future. In generale, chi vorrà trovare un lavoro nei prossimi anni (o mesi) dovrà concentrarsi con forza e altissima specializzazione proprio sul mondo digitale. E poco importa se alcune mansioni saranno svolte da robot: il cervello umano sarà sempre fondamentale.

Jobs of the Future, la ricerca individua i professionisti del futuro

Le indicazioni sui mestieri che verranno sono il frutto dell’indagine ‘Jobs of The Future’, realizzata dal gruppo internazionale di ricerca di personale, Hays, su un campione di 300 professionisti italiani, chiamati ad esprimere la propria opinione sull’evoluzione dell’information technology entro il 2025. In generale, le risposte degli intervistati vanno tute in una direzione: serviranno figure professionali nuove e capaci di affrontare le sfide della digitalizzazione. Qualche esempio di professionista richiesto nei prossimi sette anni? I programmatori di ‘intelligenze artificiali’, capaci di analizzare e gestire grandi quantità di dati; i ‘Robotic engineer’, studiosi della robotica applicata in ambito industriale, e i ‘Guardiani della privacy online’, cioè gli esperti di cybersicurezza.

Figure ibride con competenze It

“Se diversi lavori verranno svolti dai robot o dalle intelligenze artificiali, nei prossimi anni l’innovazione tecnologica creerà comunque interessanti opportunità e nuovi posti di lavoro”, afferma l’indagine ripresa dall’agenzia Ansa. Sempre in base ai dati della ricerca, quasi due intervistati su tre sono convinti che i lavori tradizionali non spariranno completamente ma si assisterà alla nascita di figure professionali ‘ibride’ con forti competenze in ambito It. Per cui, ad esempio, un fabbro in futuro potrebbe diventare un informatico con approfondite competenze in tecnologia e domotica.

La top five dei profili più richiesti nel 2025

Nella classifica dei profili professionali più richiesti dai cacciatori di teste entro il 2025 compaiono delle nuove figure. Al primo posto sei piazzano i ‘Big data expert’, con il 54,62% delle preferenze, seguiti dagli ‘It security specialist (44,58%) e dagli ‘App developer’ (26,10%). Cambia del tutto anche la tipologia dei contratti. Ad esempio, il mito del poto fisso sembrerebbe sparire completamente: secondo il 69,3% del campione, entro il 2025 le aziende dei settori It si rivolgeranno maggiormente a professionisti freelance e disposti a fornire le loro prestazioni su singoli progetti. Sarà poi sempre più diffusa la cosiddetta gig economy, caratterizzata dal lavoro ‘on demand’, che si attiva solo quando c’è richiesta per i propri servizi, prodotti o competenze.

Lombardia, una Regione che si tiene in forma: il fitness genera un giro d’affari di 4 miliardi l’anno

La Lombardia è una Regione decisamente in forma. Specie dopo il lungo periodo di feste, con l’inevitabile eccesso di pranzi, cene e aperitivi. Nel territorio lombardo, nel 2017, si sono infatti registrate oltre 11 mila imprese attive nel settore del benessere e fitness: si tratta di una crescita del 3,3% in un anno. Il giro di affari del comparto si attesta a ben 4 miliardi di euro all’anno. Quelle della Regione pesano quasi un sesto di tutte le imprese attive in Italia nel comparto (68 mila con un business di oltre 8 miliardi) grazie anche alla presenza tra le prime dieci province italiane di tre lombarde: Milano con 3.693 imprese, il 5,4% nazionale, al secondo posto per attività dopo Roma (7,8%) ma prima per giro d’affari, 2 miliardi di euro, Brescia sesta con 1.485 imprese e Bergamo settima con 1.304.

Lombardia, che business per le palestre e i centri benessere

La Lombardia pesa soprattutto nel settore delle palestre, concentrando il 21% delle attività italiane, nei centri benessere (30%) e nei servizi di manicure e pedicure (22,7%) e di bellezza (18%). Forte anche la presenza di imprese lombarde nel settore del commercio di prodotti macrobiotici e dietetici (183 sedi di impresa su 1.054 in Italia, il 17,4% del totale). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese al 2017 e 2016.

La mappa delle lombarde più in “forma”

Nel settore del benessere e del fitness, Milano è prima in regione con 3.693 imprese, il 32,8% lombardo e una crescita del 4,4% in un anno. Poi, per numero di attività, vengono Brescia (1.485 imprese e +1,8% tra 2016 e 2017), Bergamo (1.304, +3,2%) e Varese (1.004, +2,9%). Monza è quinta (861 imprese, +2,5%). Le crescite maggiori in un anno si registrano a Mantova (+5%) e Sondrio (+4,6%).

Il benessere fa impresa in tutta Italia

Anche se la Lombardia a livello territoriale è un’area particolarmente attiva nel settore, anche nel resto d’Italia il comparto gode di ottima salute. Sono 67.917 le imprese del settore, +1,8% in un anno trainate dalla crescita dei servizi di pedi-manicure, +11,4%. Prima è Roma dove si concentra il 7,8% delle attività italiane legate al fitness e benessere (5.294), specializzata per lo più in istituti di bellezza (2.591). Al secondo posto Milano (3.693), prima per centri benessere (462) e palestre (292), al terzo Napoli (3.001) che tallona Roma nelle attività del commercio specializzato (cosmetica, profumerie ed erboristerie) con 1.241.

Lombardia, agroalimentare: un settore da 25 miliardi di euro. La metà del fatturato da Milano, Monza e Brianza e Lodi 

25 miliardi di euro di giro d’affari, quasi 52mila imprese attive e circa 126mila addetti in tutta la Lombardia: sono i numeri eccellenti del comparto agroalimentare lombardo. Il fatturato 2016 del settore in Lombardia rappresenta addirittura un quarto del business nazionale (oltre 104 miliardi di euro), considerando i quattro settori delle coltivazioni agricole, produzioni di prodotti animali, pesca e acquacoltura, industrie alimentari e delle bevande.  Nel dettaglio, in Lombardia, a settembre 2017, si contano 45.225 attività nelle coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali, caccia e servizi connessi (in calo rispetto al 2016 del -1,4%), 5.912 industrie alimentari (+0,6%), 312 industrie delle bevande (+3,3%) e 169 attività di pesca e acquacoltura (-0,6%).

Un settore settore che dà lavoro a oltre 120mila addetti

Per quanto riguarda il mercato del lavoro nel comparto agroalimentare in Lombardia, oltre la metà degli addetti totali opera nelle industrie alimentari (circa 66mila), 54mila addetti nelle coltivazioni agricole, oltre 6.300 nell’industria delle bevande e 226 nella pesca. Emerge da una elaborazione del Servizio Studi, Statistica e Programmazione della Camera di Commercio di Milano MonzaBrianza Lodi su dati Registro Imprese.

Agroalimentare a Milano, MonzaBrianza e Lodi

Ancora una volta. Milano, Monza e Brianza e Lodi sono le aree campionesse di business. Oltre la metà del fatturato lombardo del settore, nel 2016, proviene proprio da queste zone, per un totale di oltre 13 miliardi di euro. Guardando ai singoli territori, le imprese agroalimentari milanesi sono 5.314, il 65% del totale è attivo nelle coltivazioni, che crescono in un anno del +0,4%. Gli addetti a Milano sono complessivamente 36.222, concentrati soprattutto nell’industria delle bevande. Anche a Monza e Brianza il comparto delle coltivazioni è il più rappresentativo dell’agroalimentare per numero di imprese nel comparto (899 su 1.278 totali), gli addetti sono invece più numerosi nelle industrie alimentari (2.753). A Lodi, le imprese agroalimentari sono 1.442 e 7 addetti su 10 di tutto il comparto lavorano nelle coltivazioni agricole, produzione di prodotti animali, caccia e servizi connessi.

Contributi a disposizione delle piccole e medie imprese

La Camera di Commercio di Milano MonzaBrianza Lodi promuove TT AgriLab, un progetto a sostegno dei percorsi di trasferimento tecnologico tra le micro, piccole e medie imprese lombarde e gli organismi di ricerca nei settori dell’agricoltura, dell’agroalimentare e della bioeconomia, realizzato con il coordinamento scientifico dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBBA). Il progetto è rivolto alle micro, piccole e medie imprese e agli organismi di ricerca che vogliono mettere in campo progetti innovativi nei settori dell’agricoltura, dell’agroalimentare e della bioeconomia, con sede legale e/o operativa in Lombardia. Per partecipare all’iniziativa le imprese dovranno presentare la loro idea progettuale innovativa tramite la compilazione di una  manifestazione d’interesse. I progetti selezionati beneficeranno in una prima fase di servizi gratuiti di consulenza e assistenza da parte di un team specializzato di esperti sulle specifiche tematiche di interesse, per la redazione del progetto innovativo che potrà partecipare al successivo bando. Le imprese che avranno terminato il percorso di accompagnamento della prima fase potranno partecipare al bando per ottenere contributi a fondo perduto, pari all’80% delle somme spese e fino ad un massimo di 60.000 mila euro per azienda partecipante. Le imprese interessate potranno trovare tutte le informazioni e presentare la propria manifestazione di interesse nella sezione dedicata del sito della Camera di Commercio.

Legge di Bilancio, l’Iva salirà dal 2019, tornano le detrazioni per i mezzi pubblici

Il disegno di Legge di Bilancio di 120 articoli, a oggi ancora all’esame parlamentare del Senato – tra le voci più importanti per imprese e liberi professionisti “congela” l’Iva ancora per tutto il 2018 e prevede una serie di incentivi destinati a chi utilizza i mezzi pubblici.

Iva, stop all’aumento

Nel 2018 non ci sarà nessuna riformulazione al rialzo delle percentuali Iva. La buona notizia è solo parziale, perché l’aggravio viene rimandato e rimodulato a partire dal 2019. Di fatto le ”clausole di salvaguardia” rimangono per gli anni 2019 e eseguenti. L’aliquota Iva al 10% salirà di 1,5 punti dal gennaio 2019 e poi di ulteriori 1,5 punti dal 2020, riporta l’agenzia Ansa. L’aliquota Iva del 22% aumenta di 2,2 punti dal 2019 e poi di altri 0,7 punti dal 2020 e di un ulteriore 0,1 punti da 2021. Anche le accise ripartono dal 2019.

Detrazioni per chi viaggia

Sono previste anche quest’anno le detrazioni per gli abbonamenti di trasporto. Il testo della Legge di Bilancio prevede detrazioni fino a 250 euro per le spese d’abbonamento di trasporti pubblici locali, regionali e interregionali. Tra le novità anche l’agevolazione per gli accordi di rimborso di questi abbonamenti da parte dei datori di lavoro per i propri dipendenti e per i loro familiari – una sorta di ”bonus bus-treno” – che non entrano a far parte del reddito da lavoro tassato.

38 miliardi in più per il fondo investimenti

E’ prevista un’iniezione di 37,88 miliardi di euro aggiuntivi per il fondo investimenti creato lo scorso anno e già finanziato per 47 miliardi fino al 2032. Il fondo è dedicato in particolare alle infrastrutture.

Più misure per la lotta alla povertà

Per quanto riguarda le azioni del pacchetto “lotta alla povertà”, è previsto un assegno del 10% più alto destinato ai nuclei familiari numerosi (fino a 530-540 euro). Si allarga anche la tipologia di pubblico che può avere accesso al reddito di inclusione (Rei), pensato soprattutto per le famiglie nelle quali vive un disoccupato con oltre 55 anni di età.  Il Fondo per la lotta alla povertà si “arricchisce” di ulteriori 300 milioni nel 2018, 700 milioni nel 2019, 665 milioni nel 2020 e 637 milioni a decorrere dal 2021.

Dichiarazione Iva precompilata

Come riporta l’Ansa, ci sono novità per le partite Iva, ovvero negozianti, artigiani e professionisti che hanno una contabilità semplificata e scelgono, in via opzionale, di comunicare acquisti e compensi con le fatture elettroniche. L’Agenzia delle Entrate “metterà a disposizione” le informazioni per i prospetti periodici, una bozza di dichiarazione annuale Iva e dei redditi e le bozze dei modelli F24 per il pagamento delle imposte.