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Come avere un work-life balance soddisfacente? In azienda arriva l’help desk

A quanto riporta l’Ispettorato del Lavoro, nel 2022 in Italia sono state convalidate 61.391 dimissioni di padri e madri (+17,1% rispetto al 2021), la maggior parte rassegnate entro i primi tre anni dalla nascita dei propri figli, e perlopiù da giovani di età compresa tra 29-44 anni (79,4%) e donne (72,8%).

“I dati sottolineano l’importanza di affrontare in modo efficace le sfide legate alla genitorialità sul luogo di lavoro, promuovendo politiche e culture aziendali più inclusive e favorevoli alla famiglia”, commenta Debora Moretti, co-ceo di Zeta Service.
A questo proposito, la società ha aperto uno sportello dedicato alla genitorialità. Si chiama Help Desk Genitorialità, e intende supportare i genitori dando risposte, in particolare, ai problemi burocratici del work-life balance.

Cresce la difficoltà a conciliare lavoro e vita privata 

Di fatto dall’ultimo rapporto realizzato dal Censis emerge che i lavoratori italiani (80%) esprimono il proprio disappunto riguardo il sacrificio degli interessi personali richiesto in passato dal lavoro a discapito del proprio benessere.
E secondo una ricerca pubblicata su People Management nell’ultimo anno il 46% dei genitori ha lasciato il proprio lavoro o sta prendendo in seria considerazione le dimissioni.

La causa viene attribuita a una sempre più accentuata difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata (63%). Inoltre, a lasciare il lavoro sono in prevalenza lavoratori in attesa del primo figlio o che hanno un solo figlio.

Lo smartworking è una scelta indispensabile per le aziende

Da un sondaggio al titolo ‘Maternità, Burocrazia e Tempi’, emerge che in azienda oltre la metà delle donne ha trovato difficoltà nel comprendere gli step burocratici relativi, ad esempio, alla richiesta di bonus, presentazione di documentazione, congedo obbligatorio/facoltativo. 
In particolare, 9 donne su 10 vorrebbero ricevere più informazioni, poiché i siti web istituzionali spesso sono poco comprensibili o non esaustivi. Il 40% delle intervistate richiede infatti maggiore chiarezza.

“Noi prevediamo per le mamme, lo smartworking al 100% negli ultimi mesi della gravidanza, e un mese di smartworking al 100% per i papà, oltre l’estensione del congedo di paternità a 20 giorni – spiega Moretti -. Queste iniziative, a mio parere rappresentano per le imprese, piccole o grandi che siano, scelte indispensabili”.

“Le parole chiave sono flessibilità e vicinanza”

“Le parole chiave sono flessibilità e vicinanza – aggiunge Moretti -. L’azienda deve essere realmente interessata a comprendere le necessità delle persone, guardandole e ascoltandole nel loro complesso, in modo da introdurre benefit che possano favorire un migliore work-life balance e avere una maggiore flessibilità, sebbene sia complicato introdurre questo cambiamento di mentalità nel nostro Paese”.

Come si legge nel VI Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, riferisce Ansa, a oggi infatti in Italia solo il 12,2% degli occupati lavora da remoto, nonostante per più di 8 lavoratori su 10 lo smartworking permetta di conciliare meglio famiglia, vita privata e lavoro.

Buoni propositi digitali: quali sono i “desideri” del 2024?

Nuovo anno, nuovi buoni propositi. Ma digitali. Sì, perchè nel 2024 l’attenzione verso la salute digitale assume una rilevanza maggiore dato che la tecnologia ha un ruolo sempre più centrale nella vita quotidiana. Secondo una ricerca condotta da Kaspersky, più della metà degli italiani ha deciso di adottare nuove abitudini digital per l’anno appena iniziato.

Modificare le proprie abitudini online

Cosa si intende per “buoni propositi digitali”? In estrema sintesi, è l’impegno a modificare le proprie abitudini online e a preservare la privacy in rete, considerando il crescente tempo trascorso connessi. I dati più recenti rivelano che il 58% degli italiani sta inserendo un “buon proposito digitale” tra i suoi obiettivi per l’anno in corso, evidenziando un notevole aumento rispetto al 43% registrato nel 2023, con un tasso di mantenimento dell’83%.

Digital detox per iniziare l’anno

I principali “buoni propositi digitali” per il 2024 includono un periodo di “digital detox” per ridurre il tempo trascorso davanti allo schermo (20%), l’adozione di password più sicure (15%), l’utilizzo di Internet per migliorare il proprio reddito (10%), la maggiore attenzione ai link aperti (10%), e l’impegno a non addormentarsi con lo smartphone (9%).

A livello internazionale, i “buoni propositi digitali” sono diffusi soprattutto  in Italia (58%) e Spagna (60%), seguiti dai Paesi Bassi (43%), Germania (42%), Regno Unito (39%) e Francia (35%). In Italia, gli uomini (64%) mostrano un maggiore interesse rispetto alle donne (51%), mentre i più giovani (72% della Generazione Z) superano in impegno i più anziani (49% dei Baby Boomer).

Password più sicure e backup più frequenti

Nell’ambito della privacy digitale e delle abitudini online nel 2024, le priorità globali includono l’adozione di password più sicure, una migliore gestione delle e-mail e l’esecuzione di più backup. In Italia, gli intervistati si impegnano anche a effettuare scansioni antivirus più frequenti (13%) e a modificare le impostazioni dei cookie (11%).

Il 13% degli intervistati italiani ha dichiarato l’intenzione di incontrare fisicamente persone anziché online, sia per riunioni di lavoro che per incontri con amici e parenti. Un altro 13% ha promesso di essere più presente durante il tempo trascorso in famiglia, evitando l’uso eccessivo dello smartphone, mentre l’11% ha l’intenzione di controllare meno frequentemente i social media.

Obiettivo mindfulness

La mindfulness assume un ruolo sempre più significativo nella vita quotidiana, con il 10% che aumenterà l’uso di app per il benessere, come tracker per il fitness e il sonno o guide per la meditazione. Il 9% ha deciso di smettere di seguire su social media persone e gruppi che non contribuiscono al proprio benessere emotivo.

Democrazia: un sistema che non soddisfa più?

Dal mondo arrivano segnali preoccupanti sui livelli di soddisfazione delle democrazie da parte dei cittadini, resiste però un forte attaccamento ai principi fondamentali dei sistemi democratici.
A eccezione della Svezia, dove il 58% di cittadini si dichiara soddisfatto, in tutti i Paesi la quota di soddisfatti oscilla tra il 19% (Croazia) e il 34% (Polonia). L’Italia registra un 24% di soddisfatti a fronte di un 51% di insoddisfatti.
Solo una minoranza di cittadini è quindi soddisfatta per il modo in cui la democrazia funziona nel Paese di residenza. 

Lo attesta un’indagine condotta da Ipsos in Croazia, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia.
Ancor più preoccupante è il dato sulla tendenza percepita dai cittadini. Solo una minoranza, dal 5% dei francesi al 23% dei polacchi, considera il funzionamento della democrazia migliorato negli ultimi cinque anni, mentre il peggioramento è percepito dal 61% dei britannici, il 70% degli americani e il 73% dei francesi.

In Italia prevale l’ingiustizia 

Il cattivo stato di salute delle democrazie occidentali è certificato da molti altri elementi: la percezione della propria capacità di influenzare i processi decisionali, la rappresentatività delle istituzioni, la capacità del governo di raggiungere risultati nell’interesse di tutti.

Siamo come avvolti in un clima di profonda disillusione e sfiducia. Per quasi 3 italiani su 4 il sistema economico funziona a beneficio dei ricchi e i potenti, e per il 54% la politica non fa che rafforzare quest’ingiustizia, mettendo gli interessi di chi è già avvantaggiato sopra quelli della gente comune.

Opzione “leaderistica”? Bocciata

I principi democratici di fondo però ‘resistono’. In tutti i Paesi prevale l’idea che l’essenza della politica, e il compito dei leader politici, sia la ricerca del compromesso piuttosto che l’imposizione di una visione di parte.

Viene quindi chiaramente bocciata l’opzione ‘leaderistica’. Non è nel rafforzamento del potere dei capi di stato o governo la chiave per risolvere i problemi.
Nonostante la tendenza, registrata un po’ ovunque, a una crescita dell’astensionismo, la maggioranza degli intervistati in tutti i Paesi continua a essere convinta che andare a votare sia ancora utile.

Ripartire dall’idea di una democrazia di prossimità

In quasi tutti i Paesi prevale la quota di cittadini soddisfatti per il funzionamento della democrazia quando si parla di comuni, città o comunità locali.
In Italia si raggiunge un sostanziale pareggio: 37% di soddisfatti contro 38% di insoddisfatti.
È quindi forse proprio dall’idea di una ‘democrazia di prossimità’ e inclusiva che occorre ripartire.

Un cambiamento radicale è necessario per migliorare il funzionamento dei sistemi politici, ma la richiesta non è di un maggior decisionismo verticale.
Secondo i cittadini, partecipazione, ascolto, coinvolgimento e rappresentanza sono i grandi assenti nel gioco democratico odierno.
Sono questi gli elementi da recuperare per rinsaldare i due pilastri fondamentali dei sistemi democratici, rappresentatività e capacità di produrre decisioni nell’interesse collettivo.

Business Travel, in Italia “sono ripartiti” i viaggi di lavoro? 

Nel mese di ottobre del 2023 gli indicatori relativi al business travel sono positivi, e addirittura si avvicinano ai livelli prepandemia. Lo evidenzia il Gruppo Uvet, big nel settore del turismo in Italia e fornitore di servizi innovativi per viaggi leisure, mobility management ed eventi. La società ha divulgato i dati relativi al mese di ottobre 2023 del Business Travel Trend (BTT), un indice mensile basato su dati del business travel in Italia, elaborato in collaborazione con il Centro Studi Promotor (CSP) tramite un campione rappresentativo delle principali aziende operanti in vari settori dell’economia italiana.

Il riferimento per i confronti è il 2019

L’indice BTT di Uvet Global Business Travel viene confrontato con i dati del 2019, attribuendo a quest’ultimo un valore di base 100. Questa convenzione rappresenta un punto di partenza per esprimere gli andamenti mensili attuali e futuri, correlati strettamente all’andamento dell’economia. L’indicatore mira a delineare un trend nel tempo, basato su dati pre-pandemia e all’interno di un cluster omogeneo e rappresentativo.

Positivi soprattutto i settori del Car Rental e dell’Hospitality

Nel mese di ottobre, il dato progressivo del Business Travel Trend si attesta a 92 su base 100, in linea con il valore di settembre 2023, che era di 93. Le transazioni rimangono stabili a un valore di 71, identico rispetto a settembre. La spesa media, seppur in lieve diminuzione rispetto al mese precedente, si mantiene a quota 115.

Dal punto di vista economico, risultano positivi il BTT del Car Rental (110) e dell’Hospitality (95), mentre i settori treni e voli registrano indici rispettivamente di 55 e 74. Nonostante una domanda più elevata, la spesa media per i pernottamenti conferma un valore di 126, e nel noleggio auto si attesta a 128. Al contrario, la spesa media nei trasporti aerei e ferroviari si colloca sotto quota 100. Questi dati riflettono la tendenza dell’anno in corso.

L’impatto della crisi pandemica sul comparto dei viaggi d’affari

È fondamentale sottolineare che l’indicatore non riflette l’andamento specifico di Uvet, ma piuttosto il trend del mercato del business travel. Analizzando il periodo 2020-2022, il BTT evidenzia l’impatto della crisi pandemica, con indici di transazioni pari a 31 e 33 nel 2021 e 2022, aggravato nel 2020 dall’indice globale di spesa a causa della crescente inflazione, dei costi energetici e della congestione dell’offerta, specialmente nel settore aereo. Tutti gli indici sono derivati da un campione significativo e omogeneo.

Italia prima in UE per progetti di Intelligenza artificiale nella PA

Con 63 progetti l’Italia è al 2° posto dei Paesi europei impegnati nello sviluppo delle soluzioni di Intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione, ma conquista il primato per numero di progetti implementati (38), circa il 10% del portafoglio europeo.

A quanto emerge dal report Le opzioni tecnologiche per la digitalizzazione avanzata della, realizzato da The European House – Ambrosetti e Salesforce, dal 2010 al 2021 i progetti di AI nelle PA europee sono passati da 26 a 148 all’anno, per un totale di 637 progetti mappati. Il 30% ha l’obiettivo di migliorare i servizi rivolti a cittadini e imprese.
A livello globale l’interesse per le applicazioni di AI nella PA è trainato dagli USA, che negli ultimi 5 anni ha investito oltre 60 miliardi di dollari, mentre l’Italia, con 1 miliardo di euro, sembra adottare un approccio più conservativo, allocando meno risorse pubbliche suddivise in un più ampio numero di iniziative.

Raggiungere il target europeo sulle competenze digitali di base

Considerando che l’Italia oggi si pone al 20° posto in UE per incidenza dei servizi pubblici digitali erogati ai cittadini, emerge la necessità di spingere sulla diffusione di tecnologie digitali nella PA, in particolare, architetture Cloud, e piattaforme pubbliche di Open Data, per condividere l’enorme patrimonio informativo disponibile con altre PA, cittadini e imprese.

Ma per implementare la AI nella PA è necessario investire sulla formazione digitale. Per raggiungere il target europeo (80% della popolazione con competenze digitali di base entro il 2030) all’Italia mancano 15,3 milioni di cittadini.
È quindi urgente intervenire con un piano di alfabetizzazione digitale dei cittadini: tutti gli stakeholder sono chiamati a fare la propria parte.

Attuare con urgenza le iniziative del PNRR

Allo stesso tempo, bisogna favorire lo sviluppo delle competenze digitali avanzate. In Italia sono ‘solo’ 42.000 i laureati in discipline ICT.

Il report ribadisce anche l’urgenza di attuare prima possibile le iniziative sulla digitalizzazione presenti nel PNRR. Sono infatti previsti circa 6,1 miliardi di euro per digitalizzare la PA, oltre 3 volte quelle dell’attuale spesa ICT della PA relativa alla digitalizzazione. Ovvero, circa 1,8 miliardi di euro relativi alle attività di sviluppo software.

Sì all’AI, ma con responsabilità

Il report individua 5 principi guida per un approccio responsabile all’adozione dell’AI. Il primo è la trasparenza degli algoritmi e la spiegabilità dei risultati prodotti. Il secondo riguarda la responsabilità nell’ambito del processo decisionale: è infatti opportuno che le decisioni finali spettino a un essere umano.

Il terzo riguarda i dati utilizzati dall’AI, che dovrebbero essere di elevata qualità per garantire decisioni accurate, cruciali ed etiche.
Il quarto è relativo all’interoperabilità e condivisione dei dati tra le Amministrazioni per adoperare standard comuni e diffondere gli Open Data nel settore pubblico. E il quinto suggerisce di adottare l’approccio Privacy by design per incorporare la protezione della privacy e della sicurezza dei dati in tutte le fasi del processo. 

Il 76% degli italiani segue almeno un influencer

Sono 28 milioni gli italiani che seguono almeno un influencer, il 76% della popolazione tra 16 e 65 anni. Coloro che ne seguono più di due sono 21 milioni, mentre un quinto dei nostri connazionali segue mediamente addirittura 11 o più influencer pro capite.
In questo caso, si parla di 7 milioni di persone.
In pratica, questo significa che milioni di persone possono essere raggiunte dai messaggi dei creator in maniera molto diretta e immediata.

Insomma, si tratta di una audience paragonabile a quella della tv.
È quanto emerge dall’Osservatorio InSIdE (aka influencer, stories, identities and evolutions) dedicato all’Influencer marketing, progetto di Pulse Advertising, l’agenzia internazionale di influencer marketing, social media management e paid advertising.

Social media e influencer marketing al centro del media mix dei brand

“In Italia questo bacino di utenti non è ancora considerato in modo adeguato dalle aziende che comunicano – afferma Paola Nannelli, Executive Director di Pulse Advertising e ideatrice dell’Osservatorio Inside -. Social media e influencer marketing devono diventare centrali nel media mix dei brand”.

Oggi i canali social sono uno strumento di comunicazione vero e proprio, e danno spazio a ogni tipo di messaggio.
La potenza dei messaggi non premia solo i content creator che hanno centinaia di migliaia di follower. La rete ‘social’ ha infatti accorciato le distanze e ha convinto tanti professionisti, prima semplici fruitori, a diventare content creator.

Intercettare direttamente un bacino molto ampio di utenti profilati 

Spesso, infatti, tanti professionisti si sono ‘trasformati’ in veri e propri influencer del settore di riferimento, dall’esperto di elettrodomestici all’esperto di fisco, o attività bancarie, o ancora, immobiliare, solo per citare alcune esempi di content creator.

Di fatto, se gestiti in modo efficace i social network permettono anche a piccole realtà di intercettare direttamente un bacino molto ampio di utenti ‘profilati’, proprio quegli stessi utenti che a tutti gli effetti sono potenziali clienti.

Da YouYube a TikTok a Facebook: il social cambia a seconda dell’età

Dal survey emerge poi una tendenza ancora valida. I social network seguiti cambiano a seconda dell’età degli utenti.
Se la Gen Z ama Youtube, Instagram e Tiktok, i Millenials passano più tempo su Instagram, Telegram e Facebook. Quest’ultimo rimane in assoluto il medium preferito dalla Gen X e dai Millenials in particolare.

L’affezione a uno o più canali, riporta Askanews., è influenzata anche dalla capacità di gestire funzioni e tool di terze parti per la creazione di contenuti e per l’interazione con altri utenti. Tanto che i social più evoluti, come TikTok ad esempio, mettono in difficoltà chi non è nativo digitale, oppure digitalmente evoluto.

Fenomeno podcast: in un anno aumentato sensibilmente il numero di ascoltatori

E’ aumentato ancora il numero dei fan dei podcast: nell’ultimo anno, sono poco meno di 12 milioni (circa 11,9 milioni). Gli ascoltatori sono ora il 39%, della fascia di età 16-60 anni, contro il 36% dell’anno precedente. Lo rivelano i dati 2023 della ‘Ipsos Digital Audio Survey’, un’indagine che analizza l’ascolto e le modalità di fruizione di tutte le forme di Digital Audio. Questo studio, giunto alla sua quinta edizione, si è affermato come un punto di riferimento per produttori, distributori e investitori interessati ai podcast e alla loro integrazione all’interno di una strategia audio.

Il profilo degli ascoltatori

In questo scenario, è interessante scoprire quali caratteristiche abbiano gli ascoltatori di questo media. Il profilo degli ascoltatori conferma le tendenze emerse fin dall’inizio del monitoraggio: sono in media più giovani, con un elevato livello di istruzione e professionalità. Presentano anche alcune caratteristiche “di pregio” in termini di comportamenti di consumo, essendo consumatori responsabili, inclini all’esplorazione delle nuove tecnologie, orientati verso prodotti/servizi premium e sensibili alle raccomandazioni degli artisti che seguono. Possono anche influenzare il loro gruppo di pari quando si tratta di intrattenimento.

Un format fruibile… ovunque

Un altro elemento chiave di questa tipologia di mezzo è la possibilità di usufruirne ovunque e in qualsiasi momento. L’ascolto avviene principalmente tramite smartphone (75%), ma con una percentuale di ascoltatori che utilizza anche altri dispositivi come computer (33%, in calo), tablet (23%) e, soprattutto, smart speaker (13%). Il podcast viene ascoltato soprattutto a casa (74%), ma si osserva un aumento dell’ascolto in auto (33%) e una stabilità nell’uso dei mezzi pubblici (20%) e nell’ascolto mentre si cammina per strada (21%). Nell’indagine, quattro ascoltatori su dieci dichiarano di ascoltare più podcast rispetto all’anno precedente. Inoltre, il loro giudizio sui podcast è migliorato grazie a un maggiore ascolto, segnale di un’adesione sempre più forte a un formato che offre contenuti di qualità.

Cresce l’ascolto guidato da trigger

La scelta di ascoltare un podcast è spesso influenzata dall’interesse per un argomento specifico (32%), ma è interessante notare che il peso di questo fattore tende a diminuire nel tempo, mentre cresce l’importanza di altri “trigger” come siti di news, post sui social media, passaparola online e offline, suggerimenti da piattaforme podcast e contenuti ascoltati in TV o alla radio. La capacità di trattenere l’attenzione è una caratteristica chiave dei podcast, con il 57% degli utenti che dichiara di ascoltarli per l’intera durata. Questo è un indicatore importante dell’engagement che questo formato è in grado di generare.

La serializzazzione dell’ascolto

Un altro dato positivo è la conferma della “serializzazione” dell’ascolto, con il 78% degli ascoltatori che segue serie di podcast, spesso ascoltando l’intera serie (43%). La serializzazione è un potente strumento di fidelizzazione che alimenta conversazioni e passaparola.

Musei pubblici e digitale: un potenziale di crescita ancora ampio

I musei italiani appaiono ancora indietro nell’adozione di strumenti digitali. In particolare, meno di un terzo (31,2%) offre ai visitatori video e/o touch screen per la descrizione e l’approfondimento delle opere, solo il 27,5% è dotato di QR Code e/o di Wi-Fi nelle strutture, meno di uno su cinque mette a disposizione applicazioni per tablet e smartphone, poco più di uno su cinque (22,4%) è dotato di supporti multimediali. E il 34,8% non ha ancora digitalizzato i beni esposti al pubblico e il 37,8% quelli conservati in archivio. E se solo poco più di 1 museo su 5 organizza convegni, conferenze e seminari online o tour virtuali, il 37% degli istituti culturali in Italia non è ancora presente sul web con un proprio sito dedicato. Inoltre, la biglietteria online è presente solo in 1 ente su 5. È quanto emerge dallo studio Musei pubblici, un patrimonio strategico per il sistema Italia, condotto da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Aditus.

Con strumenti 4.0 ricavi fino al 66% in più

Secondo lo studio, l’intero sistema dei musei pubblici italiani nel 2019 ha generato 242,4 milioni di euro di ricavi da ingressi. Un dato in crescita del 10,8% dal 2012, ma che equivale alla somma dei ricavi di appena 5 dei musei e monumenti più visitati d’Europa: Louvre, Tour Eiffel e Musee d’Orsay in Francia, Prado e Museo Reina Sofia in Spagna. Se i musei pubblici introducessero strumenti e logiche 4.0, digitalizzando l’esperienza di visita, ottimizzando le tariffe e ampliando l’offerta di servizi disponibili, i ricavi aumenterebbero fra il 44% e il 66%.

Servono nuove logiche di gestione

Il settore museale potrebbe essere un volano per lo sviluppo del Paese. L’effetto moltiplicatore economico e occupazionale consentirebbe infatti di attivare 237 euro distribuiti in tutti i settori economici per ogni 100 euro investiti nelle attività museali e culturali, e 1,5 occupati esterni al comparto per ogni posto di lavoro creato al suo interno.
Per rafforzare la competitività dei musei pubblici, e sostenerne lo sviluppo, serve ridare centralità al visitatore e investire nell’ampliamento dell’offerta dei servizi museali e culturali, integrando prodotti aggiuntivi e il canale digitale nell’esperienza di visita del museo. Anche introducendo nuove logiche di gestione e metodi di comunicazione e marketing digitali.

Ma 8 regioni su 20 hanno ridotto numero di enti culturali

Di fatto, nonostante i ricavi dei musei statali siano cresciuti, il 37% degli enti statali e il 45% di quelli pubblici non statali sono a ingresso completamente gratuito. Anche il 51% dei visitatori negli enti statali e pubblici non statali è a titolo gratuito, con valori particolarmente elevati negli enti statali (58%). Inoltre, se il patrimonio museale in Italia è distribuito sul territorio le performance di attrazione sono molto differenziate. Otto regioni su venti hanno ridotto numero di enti culturali. Il Lazio, con il 7% del patrimonio nazionale, attrae un quarto dei visitatori annuali totali in Italia, e la grande maggioranza dei ricavi si concentra in sole tre regioni: Lazio, Campania, Toscana. 

Top manager, le mosse per cogliere le opportunità di lavoro e crescita professionale

È un momento eccellente per i top manager desiderosi di dare una svolta alla loro carriera. Lo afferma Executive Hunters, il marchio di Hunters Group, un’azienda specializzata nella ricerca e selezione di personale. Federico Mataloni, Senior Partner di Executive Hunters, sottolinea che gli ultimi due anni sono stati estremamente positivi per l’intero mercato del lavoro, in particolare per il mondo executive, con un aumento delle richieste del 10% negli ultimi mesi. 

I settori più dinamici

Il panorama generale è confortante, ma alcuni settori stanno crescendo più degli altri, come la green economy, l’efficientamento energetico, l’industria 4.0, l’automazione industriale, la robotica, l’Ict, il fintech, il foodtech e il settore healthcare. Si stanno verificando riorganizzazioni, espansione delle strutture, successioni generazionali e spesso operazioni di fusione e acquisizione, supportate dalla crescita del Private Equity. In questo contesto competitivo e con una crescente domanda di leader esperti, emergere nel modo giusto è essenziale per fare la differenza, sia per i profili junior, middle che top del mercato del lavoro.

Distinguersi in cinque step

Executive Hunters ha individuato cinque step per distinguersi e sfruttare le opportunità di lavoro e crescita professionale. Primo, investire nel proprio personal branding: Non basta avere un profilo LinkedIn statico, è fondamentale mantenerlo aggiornato evidenziando competenze, esperienze lavorative e qualifiche. LinkedIn è uno strumento essenziale per farsi notare sia dagli Executive Search che dai dipartimenti HR aziendali. Ottimizzare il potenziale dei social media è cruciale. Secondo, fare networking: utilizzare LinkedIn per ampliare la propria rete di contatti e collegarsi con figure di interesse come head hunter (preferibilmente executive) o C-Level, iniziando da un’attenta analisi del contesto (Hr Director, Ceo, Presidenti). Molte opportunità di lavoro per posizioni executive sono gestite attraverso contatti personali. Le relazioni sono fondamentali per aprire nuove opportunità professionali. Terzo, partecipare a eventi professionali e di networking: eventi organizzati da associazioni di categoria, stakeholder, università e media offrono ottime opportunità per incontrare head hunter e professionisti del settore. Essere concisi, focalizzati ed efficaci durante un “elevator pitch” può attirare l’attenzione in un ambiente altamente competitivo.

Career Counsulting e up-skilling

Il quarto passo da compiere, se possibile, è quello di affidarsi a un Career Provider. Il Career Consulting aiuta a individuare i migliori percorsi di carriera, valorizzare il proprio potenziale e pianificare la crescita professionale. Infine, quinto e ultimo, serve investire in up-skilling: frequentare un Executive MBA dimostra la volontà di investire nella formazione e crescita professionale, essenziale per aspirare a ruoli di leadership. L’esperienza acquisita durante un Executive MBA aumenta significativamente le possibilità di essere valutati positivamente durante un processo di selezione.

Allestimento per negozi: come misurare i risultati

L’allestimento è un aspetto fondamentale di ogni attività commerciale. La disposizione dei prodotti, l’illuminazione, l’arredamento e il design del punto vendita sono tutti elementi che possono influire sull’esperienza d’acquisto dei clienti e sulle vendite.

Ma come si misurano i risultati dell’allestimento per negozi? È possibile capire cosa sta funzionando e su cosa possiamo lavorare per migliorare le vendite?

Questo è proprio ciò di cui parleremo di seguito, fornendo tutti  i consigli utili che gli imprenditori possono considerare per valutare l’efficacia dell’allestimento di ogni attività.

L’importanza della misurazione dei risultati

Misurare l’efficacia dell’allestimento di un negozio è importante per diverse ragioni.

Innanzitutto, permette agli imprenditori di capire se l’allestimento attuale stia funzionando o se ci sono degli elementi che possono essere migliorati.

In secondo luogo, aiuta a identificare le tendenze e le preferenze dei clienti, che possono essere utili per la pianificazione futura dell’allestimento e degli spazi.

Infine, la misurazione dei risultati può aiutare i gestori di ogni punto vendita anche ad identificare i prodotti che stanno vendendo meglio, in modo da poter aggiornare e migliorare l’assortimento di prodotti.

Le metriche da utilizzare

Ci sono diverse metriche che gli imprenditori possono utilizzare per misurare i risultati dell’allestimento per negozi. Ecco alcune delle più importanti:

Vendite totali: la metrica più ovvia da utilizzare è quella delle vendite totali. Questa metrica indica quante vendite sono state effettuate durante un determinato periodo di tempo. Bisognerebbe dunque confrontare le vendite totali prima e dopo il cambio di allestimento del negozio per capire se ci sono state migliorie o peggioramenti.

Vendite per settori: un’altra metrica importante da considerare è quella delle vendite per settori. Questa metrica indica quante vendite sono state effettuate in ogni singola area del negozio, e questo dato può aiutare gli imprenditori a capire se ci sono aree del negozio che non stanno funzionando bene e che potrebbero essere utilizzate meglio.

Conversioni: questa metrica indica quanti clienti hanno effettuato un acquisto rispetto al numero totale di visitatori del negozio. Il numero di conversioni può aiutare gli imprenditori a capire se ci sono problemi con l’allestimento del negozio che impediscono ai clienti di effettuare acquisti.

Tempo medio di permanenza in negozio: il tempo medio di permanenza in indica quanto tempo i clienti trascorrono all’interno del negozio. Questa metrica può aiutare gli imprenditori a capire se gli allestimenti attuali siano in grado di attrarre i clienti e se i clienti stessi stiano trascorrendo abbastanza tempo all’interno del negozio per effettuare acquisti, o se ad esempio risulti essere difficile individuare i prodotti desiderati tra quelli esposti.

Nuovi clienti: questo parametro indica quanti clienti hanno visitato il negozio per la prima volta durante un determinato periodo di tempo. Essere in possesso di questo dato può aiutare a capire se gli allestimenti del negozio sono in grado di attrarre nuovi clienti e se ci sono problemi per i quali i nuovi clienti preferiscono non tornare.

Feedback dei clienti: infine, il feedback dei clienti è un’altra importante metrica da tenere in considerazione. Gli imprenditori potrebbero chiedere ai clienti di fornire un feedback sulla loro esperienza in negozio e sugli allestimenti in generale. Questo feedback può aiutare a capire cosa funziona e cosa non funziona nell’allestimento del punto vendita e a identificare le aree che possono essere migliorate.

Conclusioni

Come è evidente, l’allestimento è un aspetto fondamentale per ogni tipo di attività commerciale, dai piccoli negozi ai grandi franchising.

In alcuni casi è sufficiente passare ad altro tipo di scaffali o espositori per aumentare le vendite (in questo senso vanno attualmente forte gli espositori in cartone, altamente personalizzabili), in altri casi è necessario rivedere il layout del punto vendita e l’organizzazione interna.

A prescindere, misurare l’efficacia dell’allestimento del proprio negozio è importante per capire se ci sono aree che possono essere migliorate e per identificare le tendenze e le preferenze dei clienti.

La metriche a disposizione degli imprenditori consentono proprio di misurare i risultati che l’attuale allestimento è in grado di di raggiungere, oltre a comprendere se sia proprio questo l’aspetto su cui lavorare necessarie per migliorare l’esperienza d’acquisto dei clienti e aumentare le vendite  in negozio.