Sei italiani su 10 sono pronti a usare il car sharing regolarmente

Il car sharing viene usato sempre di più per gli spostamenti degli italiani, che ne apprezzano i benefici in termini di risparmio di tempo, denaro e minor impatto sull’ambientale. Ma non è solo l’interesse per il car sharing a crescere, anche le altre forme di mobilità condivisa, come il bike e lo scooter sharing, vengono maggiormente utilizzati, soprattutto nelle grandi città. Insomma, anche se non ancora diffusa in maniera capillare, la mobilità condivisa non spaventa più, e 6 italiani su 10 sono pronti a utilizzare il car sharing regolarmente. Lo ha rilevato una ricerca Bva-Doxa per l’Osservatorio Change Lab, “Italia 2030”, realizzato da Groupama Assicurazioni, la filiale del Gruppo francese Groupama e tra i principali player del settore assicurativo in Italia.

Il 29% ha utilizzato almeno una volta il servizio di car sharing

La ricerca ha indagato i principali trend cambieranno le abitudini di vita degli italiani entro il 2030. E attualmente, secondo i dati dell’Osservatorio Groupama, solo 3 italiani su 10, il 29%, hanno utilizzato almeno una volta il servizio di car sharing, 4 su 10 se si considerano i giovani under 35. Meno adoperati dagli italiani sono invece lo scooter sharing e il bike sharing, con una percentuale rispettivamente del 12% e del 21% del campione. Quest’ultimo dato sale al 28% solo nelle grandi città.

Risparmio di tempo, di denaro e minor impatto ambientale

Quanto alla soddisfazione del servizio, la quasi totalità degli intervistati, il 94%, risulta pienamente soddisfatta del car sharing, e ne apprezza soprattutto il risparmio di tempo (54%), il risparmio di denaro (47%) e il minor impatto ambientale (34%). Se lo scooter sharing riporta valori del tutto simili per livelli e motivi di soddisfazione, per quanto riguarda invece il bike sharing, il livello di soddisfazione è leggermente più basso (86%). In generale, 1 utente su 2 ne apprezza il basso impatto ambientale, mentre tra i motivi di insoddisfazione vengono citati l’inefficienza del servizio (38%), la scomodità (31%), la carenza di punti di utilizzo (31%) e i costi (31%).

Nei prossimi 10 anni sarà sicuramente più utilizzato

Secondo i dati dell’Osservatorio, il servizio di car sharing in Italia sarà molto più utilizzato nei prossimi 10 anni. Il 62% del campione intervistato è infatti convinto che ne farà un uso maggiore. Anche il bike sharing dovrebbe registrare un’impennata degli utenti, dato che circa 1 italiano su 2 immagina di poter utilizzare questo servizio. Quanto allo scooter sharing in futuro sarà scelto, invece, da 3 su 10 italiani. E se i giovani tra i 18 e i 34 anni si dichiarano i più propensi a far ricorso alla mobilità condivisa, riporta Adnkronos, gli uomini rispondono positivamente in maggior numero rispetto alle donne.

Lavoro, il gap tra domanda e offerta si può superare?

Da tempo in Italia si parla della mancanza di figure professionali di area tecnologica rispetto a quanto richiesto dal mercato del lavoro. Le aziende infatti sono alla continua ricerca di figure IT, ingegneri, chimici e altri profili che il mercato non riesce a offrire. D’altronde, sono sempre di più le persone alla ricerca di lavoro che non riescono a superare il processo di selezione del personale. Insomma, esiste un gap tra domanda e offerta “certamente aumentato nell’ultimo decennio – spiega Carola Adami, CEO di Adami & Associati – anche in seguito alla crisi economica internazionale”. In conseguenza alla crisi dovuta alla pandemia il gap si stia allargando ulteriormente. Ma quali sono i fattori che determinano il gap?

Le aziende faticano a trovare i profili di cui hanno bisogno

“I motivi che possono rendere difficile l’individuazione del talento ricercato sono vari – continua l’head hunter – ma in generale le aziende lamentano la presenza di bassi livelli di specializzazione, di conoscenza insufficiente delle principali metodologie di lavoro, nonché di competenze scolastiche troppo generiche, scarsamente applicabili sul mondo del lavoro”.

Non di rado le aziende puntano il dito anche su quelle che non sono hard skills, come ad esempio la scarsa capacità di ascolto, il ridotto senso di responsabilità e l’insufficiente attitudine al problem solving. Ad ampliare ulteriormente il gap sono poi anche le esigenze e le aspettative delle persone alla ricerca di lavoro. “L’asimmetria è formata dal mancato incontro tra le esigenze di entrambi gli attori in gioco”, sottolinea Adami.

Scarseggiano le opportunità stimolanti in linea con il proprio curriculum vitae

“Spesso le persone qualificate lamentano la scarsità di opportunità lavorative stimolanti in linea con il proprio curriculum vitae, oppure l’assenza di reali prospettive di carriera – aggiunge l’head hunter -. In un contesto in cui i tassi di disoccupazione e di inoccupazione risultano alti, poi, scoraggia il fatto di trovarsi spesso di fronte a un numero importante di partecipanti per ogni singolo processo di selezione. Per non parlare della frustrazione che può generare il fatto di confrontarsi quotidianamente con portali di annunci di lavoro gestiti in modo non del tutto efficiente o trasparente”.

Un’asimmetria ormai fisiologica

Di certo, in un panorama simile, non sta al singolo trovare la soluzione per colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro. L’asimmetria ormai fisiologica presente in Italia deve essere ridotta attraverso cambiamenti forti nelle politiche del lavoro e nel mondo della formazione.

“Ciononostante – sottolinea Adami – chi è alla ricerca di lavoro può muoversi in modo da ridurre al minimo gli effetti di questo fenomeno. È necessario mantenere aggiornato il proprio curriculum vitae e ottimizzarlo al meglio, pensando anche alle esigenze degli algoritmi usati dalle agenzie di selezione del personale”.

Come individuare il condizionatore perfetto per le proprie necessità

Tipicamente, quando arriva il periodo estivo, cominciamo a pensare di acquistare un condizionatore d’aria per rendere più piacevole la temperatura dell’aria in casa. Quel che bisogna tenere in considerazione è la scelta in funzione della potenza necessaria a raffreddare bene l’aria all’interno della stanza in cui pensiamo di installarlo.

È importante fare questo ragionamento perché altrimenti il rischio è quello di fare un acquisto errato andando a scegliere un dispositivo sovradimensionato o sottodimensionato.

Come determinare la potenza di un condizionatore d’aria

La potenza di un condizionatore d’aria è espressa in BTU, che è una unità di misura che va ad indicare la quantità di energia necessaria indispensabile per riuscire ad aumentare la temperatura dell’acqua. Questo parametro è sempre ben visibile sulla confezione di un condizionatore d’aria o sulla sua scheda tecnica, ed è proprio il parametro di riferimento che dobbiamo analizzare per capire quanto quell’apparecchio sia potente.

Per capire di quanti BTU abbiamo bisogno è necessario andare a misurare quanti metri quadrati sia l’ambiente in cui lo vogliamo andare ad installare ed effettuare un semplice calcolo. Basta infatti andare ad effettuare la moltiplicazione della dimensione dell’ambiente per 300.

Nel caso di una stanza da 25 metri quadri ad esempio, viene fuori che abbiamo bisogno di un climatizzatore della potenza di circa 7500 BTU. Questo è un calcolo che ha un margine di errore basso e che consente di effettuare un acquisto mirato.

L’efficienza energetica di un condizionatore

Oltre alla potenza dobbiamo chiaramente considerare la classe energetica, considerando che la A+++ è la più efficiente, dato che proprio da questo parametro dipende buona parte del consumo di energia elettrica. Da questo punto di vista, bisogna ricordare che i moderni condizionatori Mitsubishi sono in assoluto tra i più efficienti e quelli maggiormente in grado di garantire un risparmio energetico consistente a fronte di una resa ottimale.

Tenendo a mente il calcolo della potenza espressa in BTU e l’efficienza energetica di ogni singolo dispositivo sarà davvero facile andare ad individuare il condizionatore perfetto per le nostre necessità.

Rinnovare, riqualificare, ricollocare: impatto Covid su digitale e nuove skills

In risposta alla pandemia, il 43% delle aziende italiane sta accelerando l’implementazione di processi di digitalizzazione, mentre solo il 9% li ha temporaneamente sospesi. Al contempo, le prospettive per la forza lavoro in Italia permangono positive, con un numero maggiore di posti di lavoro creati rispetto a quelli eliminati. E l’85% delle aziende che hanno avviato un processo di automazione dichiara di voler aumentare o mantenere il numero dei propri dipendenti. Si tratta di alcune evidenze della ricerca di ManpowerGroup dal titolo Skills Revolution Reboot sull’impatto del Covid-19 sulla digitalizzazione e sulle nuove competenze.

Automatizzare subito o posticipare?

I settori che prima della pandemia avevano rallentato processi di automazione, ora stanno recuperando. Finanza, assicurazioni, immobiliare e servizi alle imprese stanno raddoppiando l’impegno per implementare processi di digitalizzazione come conseguenza della crisi, in particolare per quanto riguarda le mansioni amministrative e a contatto con il pubblico. I settori maggiormente colpiti dalla crisi all’inizio, tra cui quello manufatturiero, l’edilizia e il retail, si dividono tra quelli volti all’automazione e alla digitalizzazione per adattarsi rapidamente e quelli che adottano un approccio da cauti osservatori e sospendono i propri progetti. In Italia il 40% dei datori di lavoro ha in programma di incrementare l’automazione, un dato che a livello globale si attesta invece al 21%.

La ripresa economica è a forma di K

Secondo la ricerca si sta assistendo alla progressiva affermazione di una ripresa economica a forma di K, ovvero con una curva in calo e una in crescita, che corrispondono ai profili più o meno richiesti. Alcuni settori e persone si stanno riprendendo più rapidamente e meglio, nei settori in crescita e con skills fortemente richieste, mentre altri sono a rischio o stanno ulteriormente perdendo terreno. Mentre le aziende si trasformano e implementano processi di digitalizzazione, mutano anche le esigenze in termini di skills. Entro il 2025, le mansioni lavorative saranno suddivise al 50% tra uomini e macchine, mentre 97 milioni di nuove occupazioni saranno richieste nei settori AI, green economy e attività connesse all’assistenza.

La Skills Revolution

Questa Skills Revolution, unita alla crisi, accelera la richiesta di skills sia trasversali sia tecniche. Le soft skills, quali la comunicazione, la gestione del tempo e delle priorità, l’adattabilità, il pensiero analitico, l’empatia e la capacità di prendere iniziative, sono più che mai valorizzate e richieste dalle aziende. Le aziende stanno infatti comprendendo che hanno bisogno di persone aperte all’apprendimento, agili rispetto alle nuove mansioni e pronte e resilienti. In Italia circa il 30% delle aziende investe sulle soft skills. Oggi, infatti, il modo di pensare analitico e la capacità comunicativa rappresentano solo alcune delle soft skills utili per creare maggiori opportunità di lavoro e resilienza a lungo termine, mantenendo vivo il desiderio di apprendere e crescere professionalmente.

Boom videochiamate da cellulare, nel 2020 1,8 miliardi di utenti

La pandemia da Covid-19 nel 2020 ha fatto aumentare in maniera considerevole il numero di videochiamate. Con i lockdown, le restrizioni sugli spostamenti e la diffusione dello smart working l’anno scorso in tutto il mondo c’è stato un vero e proprio boom di videochiamate, grazie all’adozione sempre più massiccia di servizi forniti da piattaforme come Zoom, Google Meet e Microsoft Teams. Secondo uno studio condotto da Juniper Research, dal titolo Mobile Voice & Video Calling: Operator Strategies, Vendor Opportunities & Market Forecasts 2021-2025, gli utenti iscritti a uno dei servizi che consentono di effettuare videochiamate tramite un dispositivo mobile hanno raggiunto infatti la cifra di 1,8 miliardi a livello globale.

Nel 2019 gli utenti registrati erano 1,2 miliardi. In un anno 600 milioni in più

Lo studio condotto dalla società di ricerca, previsione e consulenza per i mercati della tecnologia digitale, dimostra che si tratta di una crescita significativa, pari al 50% rispetto al totale di 1,2 miliardi di utenti registrati nel 2019. In pratica, 600 milioni di utenti in più in un solo anno. Secondo il rapporto, inoltre, a prescindere dal perdurare dell’emergenza sanitaria, in futuro il numero continuerà a salire, fino ad arrivare a 4,5 miliardi di utenti nel 2025. Una cifra, riporta Ansa, che corrisponde al 50% degli abbonati “mobile” in tutto il mondo, e alla metà della popolazione mondiale.

Nord America ed Europa le aree di maggior diffusione, anche in futuro

Quanto alle aree a maggior diffusione, il Nord America e l’Europa sono le due regioni che secondo lo studio sperimenteranno il maggior utilizzo delle soluzioni di chiamate vocali e video nei prossimi quattro anni. Si prevede inoltre che entro il 2025 oltre il 70% degli abbonati utilizzerà soluzioni di videochiamata mobile in queste regioni, questo soprattutto grazie a una maggiore pervasività degli smartphone tra la popolazione.

Nei prossimi 4 anni aumenterà il numero globale di connessioni VoLTE

La ricerca di Juniper Research prevede inoltre che il numero globale di connessioni VoLTE, cioè le chiamate vocali (Voice over Lte) raggiungerà i 5,5 miliardi entro il 2025, una cifra in aumento rispetto ai 3,3 miliardi di chiamate vocali previste nel 2021. Tale crescita del 60% nei prossimi quattro anni sarà accelerata anche dall’aumento dell’adozione di abbonamenti 5G, poiché i servizi VoLTE sono inclusi negli standard della tecnologia di nuova generazione. Un’altra indicazione espressa dallo studio in relazione al mercato riguarda però anche una sempre maggiore integrazione dei servizi di videochiamata negli smart speaker per massimizzare il valore del proprio servizio, riporta HdBlog.

Il 57,8% degli studenti italiani sceglie di iscriversi al liceo

Secondo i dati forniti dal ministero dell’Istruzione, i licei continuano a essere scelti da oltre uno studente su due. Con il 57,8% delle preferenze, il 56,3% un anno fa, i licei si confermano quindi in testa alle scelte delle studentesse e degli studenti. Gli Istituti tecnici invece riportano il 30,3% delle iscrizioni, e i Professionali, sono scelti dall’11,9% delle ragazze e dei ragazzi. Questi i primi dati riferiti alle iscrizioni online al prossimo anno scolastico, il 2021/2022, per il quale la procedura si è aperta lo scorso 4 gennaio e si è conclusa lunedì 25 gennaio alle 20.00.

Stabile il Classico, in crescita l’interesse per gli indirizzi del Liceo scientifico

Rimane sostanzialmente stabile il Classico, scelto dal 6,5% delle ragazze e dei ragazzi (il 6,7% un anno fa). Ancora in crescita l’interesse per gli indirizzi del Liceo scientifico, che passano dal 26,2% delle preferenze di un anno fa al 26,9% di quest’anno. Più in dettaglio, ha scelto lo Scientifico tradizionale il 15,1% dei ragazzi (un anno fa era il 15,5%), il 10% ha scelto l’opzione Scienze applicate, che è in crescita (l’8,9% l’anno scorso), confermata la scelta delle sezioni dello Scientifico a indirizzo Sportivo da parte dell’1,8% delle studentesse e degli studenti, riporta Italpress.

Scende il Linguistico e cresce l’Artistico

Il Linguistico invece scende dall’8,8% all’8,4% nelle scelte, mentre cresce l’Artistico, passando dal 4,4% al 5,1%, ed è in aumento anche l’interesse per il Liceo delle Scienze umane, passato dall’8,7 al 9,7% delle preferenze. In particolare, l’indirizzo tradizionale, che sale dal 6% al 6,5%, e l’opzione Economico-Sociale (dal 2,7% al 3,2%). Stabile poi il dato per i Licei a indirizzo Europeo e internazionale (0,5%), mentre i Licei musicali e coreutici scendono dall’1% allo 0,7%. Un terzo delle scelte però è ancora per i Tecnici, scelti dal 30,3% delle studentesse e degli studenti (30,8% un anno fa). Il settore Economico scende al 10% dall’11,2%, cresce il Tecnologico (dal 19,6% al 20,3%) e gli Istituti professionali calano dal 12,9% all’11,9%.

Il Lazio la Regione con il maggior interesse per i Licei

Ed è ancora il Lazio la Regione con il maggior interesse per i Licei, con il 71,2%, seguito da Campania (64,3%), Abruzzo (63,9%), e Sicilia (63,8%). Veneto ed Emilia Romagna si confermano le Regioni con meno adesioni per gli indirizzi liceali, entrambe al 48,2%. Una conferma anche per il Veneto, come Regione con più adesioni per i Tecnici (38%), seguita da Lombardia (36,2%), Emilia Romagna (36%), e Friuli Venezia Giulia (35,7%). L’Emilia Romagna è ancora la prima Regione nella scelta dei Professionali (15,8%), seguita da Veneto (13,8%), Basilicata (13,7%), Toscana (13,5%).

Gli italiani risparmiano su trasporti pubblici e vestiti, ma non su cibo e digitale

Nel “next normal” a pagare il prezzo più alto della pandemia, soprattutto a causa della paura del contagio e delle nuove abitudini, saranno i trasporti pubblici. È questo l’ambito in cui nel 2021 gli italiani pensano di ridurre maggiormente le spese rispetto al 2019. Ma oltre ai trasporti pubblici, pesanti tagli alle spese riguarderanno anche l’abbigliamento, le calzature, gli abbonamenti e la pay tv per timore della riduzione dei redditi. Nella nuova realtà le intenzioni di spesa degli italiani sembrano infatti privilegiare alcune categorie di consumo e penalizzarne altre. Lo rileva la ricerca dal titolo 2021, l’anno che verrà, svolta in collaborazione Coop-Nomisma, insieme all’indagine 2021 Restart.

Casa, domotica e ristrutturazioni

La casa rimane invece uno dei caposaldi nel post-Covid: un italiano su 5 sogna la domotica, quasi 4 su 10 ragionano su ristrutturazioni o efficientamento energetico, e ai primi posti nella lista dei desideri compaiono anche le spese per rinnovare l’arredamento, acquistare i grandi elettrodomestici (lavatrice, lavastoviglie, frigorifero ecc.) e perfino i robot da cucina. Il digital jump poi non si interrompe nell’ambito delle spese domestiche, e trova nuova linfa anche nelle previsioni 2021. Quasi un italiano su 2 investirà su un nuovo smartphone, tablet, pc, smart tv, e anche i pagamenti online, l’e-grocery e il delivery, saranno sempre più frequenti. Gli italiani sembrano quindi sempre più alla ricerca di nuove soluzioni che siano effettivamente smart, riporta Adnkronos.

Il cibo resiste al taglio dei consumi, ma con sobrietà

Ancora una volta il cibo è metafora dell’Italia e degli italiani. Insieme alla salute e alla casa, rimane l’ultimo argine alla riduzione dei consumi rispetto al pre-Covid. Ciò nonostante quello del 2021 sarà per molti un cibo sobrio. Se per il 71% del campione questa voce di spesa rimarrà stabile, un 15% intende risparmiare. Continua poi l’onda lunga dello slow cooking, la nuova strategia degli italiani per spendere meno acquistando più ingredienti di base e meno piatti pronti, e contemporaneamente, difendere qualità e salubrità del proprio cibo, spesso cucinandolo da sé, con il 30% che già ad agosto 2020 prevedeva di dedicare più tempo alla preparazione dei pasti.

Più acquisti sostenibili e a km zero

Secondo gli executive della filiera alimentare gli acquisti si concentreranno maggiormente sugli alimenti prodotti con materie prime italiane e naturali o sostenibili. Rispettivamente il 53% e il 48% del campione ritiene che queste categorie registreranno le migliori performance rispetto all’anno precedente, mentre gli ingredienti freschi saranno in crescita per il 52% degli intervistati. Proprio il concetto di prodotto sostenibile però si fa più articolato, e al generico rispetto per l’ambiente si affiancano il concetto di produzione locale o legata al territorio, con il 50% che abbina questo tema alla sostenibilità e il 49% a una filiera controllata. Compare poi nell’analisi di Coop-Nomisma anche il principio della giusta remunerazione per i vari attori della filiera.

Cibo e Dad, evitare i cali energetici con lo “spuntino”

Tra gli effetti negativi della didattica a distanza molti lamentano un calo drastico della soglia di attenzione e delle motivazioni. Ma un valido aiuto può arrivare dall’alimentazione, ottima alleata per stimolare la concentrazione dei ragazzi: le buone abitudini alimentari possono infatti giovare sia al corpo sia alla mente. Per questo motivo è fondamentale imparare a dare il giusto valore al cibo, soprattutto agli spuntini, che se consumati in maniera corretta consentono di evitare i cali energetici tipici di metà mattina e metà pomeriggio. A questo riguardo, sono sempre di più gli esperti che si mettono all’opera per sensibilizzare soprattutto i genitori a seguire una corretta alimentazione, e a considerare lo stretto legame che intercorre fra salute fisica e mentale.

Mantenere il tasso di glicemia costante nel tempo

Di cosa si compone quindi la merenda perfetta per evitare fiacchezza e deficit di attenzione? La dottoressa Alice Parisi, biologa nutrizionista, pone l’accento sull’importanza di consumare merende a base di zuccheri semplici e grassi buoni, ma non esageratamente “ricche”, al fine di evitare la sensazione di appesantimento e sonnolenza. “Gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio consentono di mantenere il tasso di glicemia costante nel tempo e, di conseguenza, garantire la concentrazione necessaria per affrontare al meglio la giornata – spiega Alice Parisi -. Alcuni esempi di snack pratici da preparare e molto gustosi possono essere un frutto di stagione a scelta, accompagnato da una manciata di frutta secca, come noci e nocciole, oppure una crema di mandorle spalmata su datteri o pane integrale. Anche lo yogurt bianco intero o greco è un’ottima alternativa, soprattutto se mescolato con gocce di cioccolato fondente, mirtilli e lamponi”.

La tentazione di combattere la noia con il cibo

“In questo momento più che mai, bambini e ragazzi hanno bisogno di mantenersi in forze psicofisiche per affrontare la giornata scolastica al meglio”, afferma Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor. Dello stesso parere è la dottoressa Valentina Schirò, biologa nutrizionista e specialista in Scienza dell’Alimentazione. Secondo l’esperta la merenda, se composta dagli alimenti giusti, può fare la differenza nel combattere fiacchezza e deficit della concentrazione. Ma attenzione: “il libero accesso al frigorifero durante il giorno – commenta la nutrizionista – è una tentazione enorme a combattere con il cibo la noia causata dall’assenza d’interazioni”.

Dare il giusto peso anche agli spuntini

“Per questo motivo, specialmente in questo periodo, è cruciale educare bambini e adolescenti sull’importanza di avere una corretta nutrizione, che tenga conto non solo dei pasti principali, ovvero colazione, pranzo e cena, ma che dia il giusto peso anche agli spuntini, fondamentali per dare energia e ricaricarsi durante la giornata”, aggiunge Schirò. Qualche esempio di spuntini prelibati e facili da preparare? Una macedonia, pane con marmellata o pomodoro, frutta secca e grissini.

“Vicini e connessi”, Google a fianco delle attività commerciali: risorse online senza costi

Per gli esercizi commerciali tradizionali il 2020 sarà ricordato com un anno nero, fra lockdown, chiusure, procedure eccezionali per contrastare l’epidemia. Con la necessità di mettere in atto tutta una serie di misure per tenere il virus fuori dalla porta, compreso il fatto di contingentare il numero di clienti, spostare – almeno parzialmente – la propria attività sul web è diventato quasi un imperativo.

Subito e gratis

Per questo Google ha deciso di scendere in campo a fianco dei piccoli imprenditori. “In particolare in questo momento, sappiamo che quando le persone vogliono acquistare qualcosa spesso iniziano la loro ricerca online. E crediamo sia per loro utile sapere se i negozi del loro quartiere sono aperti, e se possono comprare proprio lì i prodotti che cercano. Vogliamo che in questa fase più che mai il digitale sia un alleato per il commercio locale: in linea con l’iniziativa di supporto alla ripresa economica del Paese annunciata questa estate con il progetto “Italia in Digitale”, aderiamo con piacere all’iniziativa “Vicini e Connessi” della Ministra per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione e mettiamo a disposizione dei commercianti strumenti per farsi trovare online e corsi dedicati alle competenze digitali, senza costi” si legge nel blog italiano del colosso di Mountain View.

Gli strumenti a disposizione

Obiettivo dichiarato è quello di far sì che commercianti e business locali possano non solo farsi trovare sul web, ma anche conquistare nuovi clienti mantenendo quelli già consolidati. Per questo, Google mette a disposizione gratuitamente quattro strumenti digitali, facili da utilizzare, in modo che anche i meno preparati sull’argomento possano sfruttare da subito tali risorse. Sono Google My Business, con cui i negozi possono creare il loro profilo e, in questo modo, avere una vera e propria vetrina digitale per farsi trovare su Ricerca Google e Google Maps; Google Shopping, che consente ai negozianti di inserire i propri prodotti senza costi sulla scheda di Google Shopping. Grazie a questo strumento è possibile mostrare a chi sta cercando un prodotto – e magari si trova vicino – la disponibilità della merce, magari per acquistarla online e ritirarla in negozio. Ancora, ci sono Grow My Store che fornisce tutti i supporti necessari a chi vuole aprire il proprio sito Internet e infine Google Digital Training, una piattaforma dedicata in lingua italiana con corsi, suggerimenti e consigli per promuovere e valorizzare la propria attività online.

Gli insight affidabili per affrontare il cambiamento

Se il cambiamento è stato una costante degli ultimi anni il Covid-19 ha scompigliato le regole del gioco, modificando le abitudini delle persone in tanti ambiti diversi. Anche quelle più consolidate, come il Natale. “Possiamo usare 3 parole chiave per descrivere il momento attuale: Disruption, Acceleration, Data Overload – spiega Enzo Frasio, Presidente di GfK Italia -. Esiste un’ulteriore complicazione: siamo esposti a una mole di dati e informazioni sempre più grande, difficile da gestire, da interpretare e da tradurre poi in azioni”. In un momento così “disruptive” le aziende devono perciò adattarsi velocemente al nuovo contesto, e individuare le informazioni davvero importanti.

Il sentiment dei consumatori italiani

Durante la Web Conference di GfK Italia, Signals from the noise, gli esperti GfK hanno esplorato gli scenari futuri del mercato e delle abitudini di acquisto dei consumatori.

“Prima delle vacanze i nostri dati mostravano un allentamento delle preoccupazioni degli italiani legate al Coronavirus, ma la risalita del contagio delle ultime settimane ha fatto invertire la tendenza: a ottobre il 40% si dichiarava molto preoccupato per il Covid-19, un dato in crescita del +7% rispetto al mese di luglio”, commenta Daniele Novello, Sub-Lead Consumer Insight.

Nonostante questo, le ricerche GfK mostrano un consumatore pronto a fronteggiare il momento delicato anche attraverso nuovi progetti di consumo: 1 italiano su 2 dichiara infatti l’intenzione di fare acquisti durante le promozioni del Black Friday 2020.

Trend consolidati per il largo consumo

“Di fronte alle difficoltà degli ultimi mesi, gli italiani hanno capito di non poter uscire da questa crisi da soli – continua Novello -. Sempre più persone (73%) si dichiarano orgogliose di essere italiane e guardano di conseguenza con maggior attenzione al Made in Italy, e più in generale ai marchi di cui condividono ideali e valori”.

Alcuni trend emersi durante l’emergenza sono entrati poi a far parte delle abitudini degli italiani per quanto riguarda la spesa di largo consumo. “Benessere, autenticità e sostenibilità – commenta Marco Pellizzoni, Commercial Lead Consumer Panels – saranno tra i vettori di crescita più importanti per i prossimi mesi e le aziende dovranno dimostrare vicinanza ai consumatori, attraverso innovazioni e comunicazioni in linea con le evoluzioni della domanda”.

Gli scenari a breve e a medio periodo

Il Natale 2020 sarà diverso dal solito: ci saranno meno spostamenti e meno ritrovi fuori dalla cerchia più ristretta. “La casa sarà ancora più al centro della vita della famiglia, sfondo per pranzi e cene, momenti di gioco e di lavoro, intrattenimento e comunicazione a distanza”, aggiunge Giuseppe Minoia, Insight Advisor.

Nel medio periodo da parte dei consumatori possiamo poi aspettarci un consolidamento della logica Rethink Spending, con una rimodulazione del modo di vivere, di pensare e comprare. “Anche i brand dovranno abbracciare la logica Rethink – sottolinea Minoia -. Oggi quindi per le aziende è più importante che mai riuscire a comunicare nel modo giusto, raccontando la propria storia, il proprio impegno di sostenibilità e il legame con il territorio”.