Immobiliare, alberghi: mercato in crescita, investire conviene

Gli alberghi sono un’asset class sulla quale investire conviene. Anche per l’anno in corso, e gli operatori del settore immobiliare confermano un sentiment positivo soprattutto per l’andamento del comparto alberghiero.  È quanto risulta dall’indagine Sentiment del mercato immobiliare condotta da Claudio Cacciamani, docente dell’Università di Parma. L’indagine, elaborata su base quadrimestrale dal Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Parma in collaborazione con Sorgente Group e Federimmobiliare, si basa su interviste rivolte a circa duecento operatori del mercato, appartenenti ai settori del trading, development, property management, facility management, progettazione, valutazione, consulenza e finanza immobiliare.

L’hospitality è la destinazione d’investimento più interessante

Dallo studio emerge quindi che risultano rinsaldate le attese di quanti per l’anno scorso avevano previsto un assestamento del mercato. Il 39% del campione, riporta Askanews, è convinto che i prezzi rimarranno stabili, con un lieve aumento soprattutto per il comparto alberghiero. Il 57% degli operatori pensa infatti che il mercato degli alberghi sia in crescita, anche perché gli hotel potrebbero beneficiare di una riduzione nei tempi di acquisto, segnale che il comparto rimarrà vivace. Lo dimostra la risposta degli operatori alla domanda sulla destinazione d’investimento più interessante, che vede privilegiato l’ambito dell’hospitality, anche in relazione ai possibili eventi sportivi invernali dei prossimi anni, e alla crescente attrazione turistica del nostro Paese.

Roma calamita un maggiore interesse per gli hotel più centrali

Sempre per quanto riguarda gli investimenti, rimane forte il presidio delle regioni del Nord Ovest soprattutto per il residenziale e per gli uffici. Tuttavia, la novità è nel potere attrattivo del Centro Italia, in particolare di Roma, che risulta calamitare un interesse maggiore che in passato soprattutto per gli hotel più centrali (47%), hotel in generale (35%), negozi (33%) case (22%), e uffici (11%). Per gli hotel risulta interessante e competitivo anche il Sud Italia (23%).

Un altro segnale positivo nelle aspettative degli operatori immobiliari proviene dalla strategia di business che intendono adottare nella propria attività professionale: cresce la percentuale di quanti prevedono di effettuare nuovi investimenti (46% circa), aumenta la volontà di sviluppare nuove linee di business (34,7%), e nessuno vuole ridurre il personale.

Aspettative positive per il futuro del settore immobiliare

Rimane quindi positiva l’aspettativa per il futuro del settore immobiliare secondo il 24% circa degli intervistati, a fronte del 70% che ne prevede la stabilità. Si è sostanzialmente ridotta invece la quota di coloro che ritengono che avverrà un peggioramento (5%o contro 14% di otto mesi fa), e annullata la percentuale dei pessimisti. Per quanto riguarda l’indice Fiups, che sintetizza il Sentiment, il 2018 si è rivelato un anno di tendenziale crescita, poiché si è passati da 19.51 (primo quadrimestre) a 18.59 (secondo) e a 19.11 (terzo).

Nuova etica del design, i valori umani al centro dell’innovazione

C’è una nuova etica del design che colloca i valori umani nuovamente al centro dell’innovazione. Tra dieta digitale, sostenibilità, soluzioni di mobilità urbana all’avanguardia, minimalismo dei dati, inclusività, nuovi spazi e modi di lavorare, stiamo assistendo a un momento di svolta, anche nel mondo del design. Come emerge dai Fjord Trends 2019 sul futuro del business, tecnologia e design, pubblicato da Accenture Interactive, sono 7 le tendenze che nel 2019 incideranno sulla creazione della prossima generazione di esperienze. Tendenze che evidenziano il collegamento tra antropologia, valori umani e design.

Il digitale non è più una novità

Secondo il report, riporta Ansa, i consumatori hanno la sensazione di essere inondati e sopraffatti dall’eccessiva innovazione. “È il momento delle pulizie di primavera anche in ambito digitale, il momento in cui si decide se qualcosa ha ancora un valore e quanto è rilevante nelle nostre vite – commenta Ashley Benigno, responsabile di Fjord in Italia -. Il digitale è ora così largamente adottato che non è più una novità. Nel tentativo di mettere ordine, le persone sono diventate ancora più selettive su prodotti e servizi, scegliendo di eliminare quelli che non offrono reciprocità, benefici ritenuti equi. Mai prima d’ora la responsabilità del design è stata così importante”.

Silence is gold, The Last Straw e Data Minimalism

La prima delle sette tendenze individuate da Fjord Trends 2019 è “il silenzio è d’oro”. Non sentirsi sopraffatti è diventata una questione di salute mentale. Attraverso un design consapevole i brand possono trovare una strada per farsi sentire dalle persone che cercano tranquillità in un mondo rumoroso. Seconda tendenza: The Last Straw. L’ultima cannuccia? È l’ultima goccia! Basta parlare. Le persone si aspettano che i prodotti vengano progettati sostenibili sin dall’origine, altrimenti li scartano.

Il Data Minimalism è la terza tendenza. Persone e aziende hanno opinioni differenti sul valore dei dati personali. La trasparenza sarà la chiave per mediare tra le due posizioni?

Ahead of the Curb, The Inclusivity Paradox, Space Odyssey, Synthetic Realities

Ahead of the Curb, anticipare il futuro delle città, è la quarta tendenza. La nuova mobilità urbana ha reso le città terra di conquista, ed è ora di  iniziare a creare piattaforme ed ecosistemi unificati in grado di soddisfare i bisogni dei cittadini in tempo reale. Il paradosso dell’inclusività (quinta tendenza) pone invece la domanda: come si progetta per tutti senza escludere qualcuno?

Se l’Odissea nello spazio (sesta tendenza) implica che spazi di lavoro e di vendita abbiano bisogno di un restyling digitale, un ripensamento per disegnare tali spazi, oggi la realtà può essere creata su misura e prodotta artificialmente. Tecnologie per cambiare volto e simulare la voce sono in grado di creare realtà sintetiche (settima tendenza). Le aziende dovranno capire come capitalizzare il fenomeno. E soprattutto come gestire il rischio.

Riscatto laurea versione 2019, ecco cosa è e a chi conviene la formula light

L’ultima riforma delle pensioni ha anche introdotto la possibilità di effettuare il riscatto agevolato e flessibile degli anni di studio universitari. Questa novità consentirebbe di agevolare coloro che hanno conseguito il diploma di laurea o titolo equiparato, a riscattare a fini pensionistici, al massimo 5 anni di studi universitari con uno sconto del 30% sugli oneri o la possibilità di riscatto flessibile, per chi decide di riscattare solo una parte ricorda Guidafisco.it.

Gli sconti del riscatto light

La riforma e il relativo decreto pensioni 2019 prevede la possibilità di riscattare la laurea in modalità light, ovvero con uno sconto del 30% sull’importo tolse, a condizione che non si abbiano ancora computo i 45 anni.  Questa opportunità si traduce quindi della possibilità, per gli under 45,  di riscattare gli anni universitari versando una forfait di circa 5mila euro l’anno, per una massimo di 5 anni ai fini dei contributi per la pensione. La nuova misura è stata inserita all’interno del capitolo sulla pace contributiva del decreto pensioni-reddito di cittadinanza. Riassumendo, questo ricatto light è riservato a precise tipologie di persone con determinati requisiti: non avere più di 45 anni (nate dopo il 1974 e che nel 1995 frequentavano ancora l’università in quanto l’opzione è valida solo per i periodi coperti dal regime contributivo, ossia dal 1996 in poi) e non essere titolari di pensione. In base a tale novità, per chi è in possesso dei suddetti requisiti ci sarà uno sconto del 30% sugli oneri e la possibilità di detrazione dalle tasse del 50% della somma, arrivando così ad uno sconto totale di circa 60%. Dall’opzione sono però esclusi gli anni fuori corso.

Una possibilità per aumentare gli anni di contribuzione, non per gli importi della pensione

Chi sceglie il riscatto agevolato previsto dal decreto legge, però, deve sapere che questa possibilità serve esclusivamente per aumentare gli anni di contribuzione che servono per i requisiti di pensionamento e non anche ad aumentare l’importo della pensione, come invece avviene accade in caso pagamento del riscatto laurea Inps ordinario. Questa formula, ricorda adnkronos, può servire ad esempio per raggiungere la pensione anticipata: 42 anni e 10 mesi di versamenti se uomo e 41 anni e 10 mesi, se donna.

I costi effettivi

Tra i 15mila e i 25mila euro: ecco quanto costa riscattare gli anni universitari con la modalità light. Lo studio fatto dalla Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro rileva infatti che il costo annuo da pagare per ogni anno di studio universitario con il riscatto agevolato è di circa 5.241,30 euro annui: quindi, in totale, va dai 15mila euro per riscattare gli anni di studio per una laurea breve ai 25mila di un corso di laurea completo ma sarà consentita la detraibilità dei costi.

In 5 anni più alberi, ma meno aree agricole

Italia sempre più verde. Aumenta il numero di alberi sul suolo del nostro Paese, +4,7% dal 2012 al 2017, per un’estensione arrivata a circa 14 milioni di ettari. Un fenomeno che si concentra nelle zone marginali e trascura le città, dove a salire sono i valori di copertura artificiale. Nello stesso periodo, però, l’Italia ha ridotto del 4% le aree con vegetazione erbacea agricola o adibite a pascolo, trasformandole in centri urbanizzati o aree boschive.

Secondo il primo rapporto Territorio. Processi e trasformazioni in Italia di Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, le Regioni con la maggiore percentuale di alberi sono Liguria (80,7%), Calabria (67%) e Toscana (60,8).

Scompare l’eterogeneità del paesaggio

La perdita dell’area agricola, che un tempo divideva nettamente le città dai boschi, si accompagna spesso alla scomparsa dell’eterogeneità del paesaggio, all’ingresso delle specie aliene, la riduzione della biodiversità, e della sicurezza alimentare. “Accanto ad aree ormai sovrasfruttate – sottolinea Ispra – se ne trovano altre totalmente trascurate, soggette a fenomeni di spopolamento e di abbandono delle colture e del territorio”,

La riduzione dei terreni coltivati dovuta all’espansione urbana avviene prevalentemente nelle zone pianeggianti, mentre la ricolonizzazione forestale si verifica soprattutto nelle aree interne, nelle zone collinari e lungo l’arco alpino e appenninico alle quote più elevate.

Aumentano le pratiche di intensificazione agricola

Parallelamente all’abbandono delle zone marginali, anche le pratiche di intensificazione agricola (meccanizzazione e utilizzo di tecniche di coltivazione, di irrigazione, di fertilizzazione e di difesa fitosanitaria) concentrate nelle aree di pianura determinano profondi mutamenti nel loro assetto. Questo, riporta Adnkronos, contribuisce al degrado della qualità del suolo stesso, rendendo il territorio ancora più vulnerabile ai cambiamenti climatici.

La dinamica delle trasformazioni degli ultimi decenni resta comunque dominata dalla crescita delle aree artificiali per far fronte a nuove infrastrutture di trasporto, a nuove costruzioni o ad altre coperture non naturali, che con una crescita di oltre il 180% rispetto agli anni ’50, rappresenta l’evoluzione di maggiore entità.

Il bosco ricolonizza le aree abbandonate

Allo stesso tempo, lo stato di abbandono delle aree agricole favorisce nel corso degli anni la ricolonizzazione da parte del bosco, che oggi interessa il 40% del territorio, in particolare nelle zone montane, dove gli alberi arrivano a coprire complessivamente il 65% del territorio.

Rispetto al passato, quando la ricolonizzazione interessava in modo particolare i pascoli, oggi si osserva l’espansione del bosco a carico degli arbusteti, che di fatto rappresentano una tappa intermedia verso gli ecosistemi forestali.

A livello comunale è Reggio Calabria (54,5%) a detenere la maggiore percentuale di territorio ricoperto da alberi, seguita da Genova (54%) e Messina (49,9%). La Capitale si attesta al 21,7%, mentre Milano e Palermo rispettivamente al 10,7% e al 33,4%.

Ue: fissato il tetto per le telefonate all’estero

Fissato il tetto massimo di 19 centesimi al minuto per le chiamate all’estero, di 6 centesimi per gli sms. A partire dal 15 maggio 2019 saranno queste le tariffe massime per le chiamate telefoniche all’interno dell’Ue. Il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo al pacchetto Tlc, approvato dalla riunione plenaria a Strasburgo, confermando l’accordo provvisorio raggiunto a giugno con i ministri del Consiglio Europeo sul Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche (Eecc) e sull’Organismo dei Regolatori europei delle Comunicazioni Elettroniche (Berec). Secondo la relatrice Dita Charanzová (Repubblica Ceca) “le telefonate più economiche sono una vittoria per tutti i cittadini dell’Ue e il codice offre una maggiore protezione per tutti i consumatori”.

La nuova normativa Ue del pacchetto Tlc

Le nuove norme offriranno ai cittadini la connettività ad alta velocità e renderanno le chiamate sicure e accessibili all’interno dell’Ue, garantendo al contempo la necessaria prevedibilità per gli operatori di telecomunicazioni per stimolare gli investimenti nella rete internet ad alta velocità.

La normativa, inoltre, protegge meglio gli utenti di smartphone, compresi gli utenti di servizi basati sul web, come Skype e WhatsApp, e rafforza i requisiti di sicurezza, inclusa la crittografia. Introduce inoltre il diritto di conservare il proprio numero di telefono fino a un mese dalla rescissione del contratto, e il diritto al rimborso del credito prepagato non utilizzato al momento della risoluzione del contratto, nonché un indennizzo in caso di ritardo o abuso nel passaggio a un altro operatore.

Raggiungere l’obiettivo della Roadmap Ue 5G

Secondo quanto previsto dal regolamento, gli Stati membri dovranno facilitare l’introduzione del 5G mettendo a disposizione uno spettro adeguato entro il 2020, al fine di raggiungere l’obiettivo della Roadmap Ue 5G di avere una rete 5G in almeno una delle principali città di ogni Paese dell’Ue entro il 2020.

In caso di grave emergenza o catastrofe, inoltre, i cittadini colpiti potranno essere avvisati tramite sms o applicazioni mobili. Gli Stati membri avranno 3 anni e mezzo di tempo per mettere in funzione il sistema dopo l’entrata in vigore della direttiva.

Maggiore prevedibilità degli investimenti e condivisione dei rischi

Per raggiungere il livello di investimenti nelle infrastrutture e nelle reti 5G necessario a soddisfare le esigenze di connettività, la nuova legislazione offre una maggiore prevedibilità degli investimenti e promuove la condivisione dei rischi e dei costi tra gli operatori di telecomunicazioni. Per il relatore Evžen Tošenovský (Repubblica Ceca) “le nuove norme che disciplinano il Berec consentiranno di assumere le nuove responsabilità che gli sono state affidate dalle nuove norme in materia di telecomunicazioni”.

Dopo l’approvazione formale del Consiglio, riporta Adnkronos, gli Stati membri avranno due anni di tempo per adottare la legislazione nazionale di attuazione della direttiva.

Nel terzo trimestre 2018 più fiducia nel mercato del lavoro

Cresce la fiducia nel mercato del lavoro, e il lavoro temporaneo è percepito dagli italiani come un’opportunità. Secondo il Confidence Index, l’indice che misura la fiducia nel mercato del lavoro, nel terzo trimestre 2018 la percezione positiva nei confronti del mercato del lavoro aumenta del 7%, passando dai 36 punti del terzo trimestre 2017 ai 43 punti dello stesso periodo di quest’anno.

Il Confidence Index è stato ottenuto attraverso la distribuzione di 660 questionari ai candidati italiani di diverse opportunità professionali, ed è stato elaborato da PageGroup, società globale di recruitment con i brand Page Executive, Michael Page e Page Personnel

Cresce la percezione positiva del futuro

Se in generale aumenta la fiducia, i valori in maggiore crescita nel terzo trimestre del 2018 sono la percezione positiva sul futuro sia della situazione economica sia del mercato del lavoro. La prima arrivata al 49,5%, con una crescita del 10% rispetto allo scorso anno, e la seconda al.46%, con una crescita del 12% rispetto al 2017. La fiducia nei confronti dell’attuale mercato del lavoro e dell’attuale situazione economica registra invece ancora valori assoluti tra i più bassi d’Europa. Tali valori si fermano rispettivamente al 33% e al 35%, seppure con una crescita media del 10% rispetto allo scorso anno.

Il lavoro temporaneo? Una grande opportunità

Dalla ricerca emerge inoltre che il lavoro temporaneo viene percepito come una grande opportunità dai lavoratori intervistati, soprattutto perché può arricchire la propria esperienza e le proprie abilità (69,5%), e differenziare il percorso professionale, poiché può permettere di sviluppare competenze in diversi ruoli e settori (43,8%). Inoltre, il lavoro in somministrazione viene considerato come un trampolino di lancio per ottenere un contratto a tempo indeterminato (31,9%), riporta Adnkronos.

“Un’esperienza ‘temp’- commenta Pamela Bonavita, Executive Director di Page Personnel -facilita gli avanzamenti di carriera e offre diversi vantaggi tra cui una maggiore flessibilità, la possibilità di lavorare in vari settori, una maggiore esposizione a diversi stili di management e diverse tipologie di clienti”.

I numeri di posizioni aperte in ambito “temp” sono in aumento

“La richiesta di figure professionali da inserire in somministrazione – aggiunge Bonavita – è in costante aumento, e ai potenziali candidati viene così offerta la possibilità di ampliare o di approfondire le proprie competenze estendendo anche la rete professionale”.

A confermare questa tendenza positiva sono anche i numeri di posizioni aperte in ambito “temp”. La stessa Page Personnel, ad esempio, è alla ricerca di oltre 800 candidati per i settori finance & accounting (30%), procurement & logistics (20%), assistant & office support (11%), tax & legal (8%), sales support & custumer service (7%), information technology (6%), engineering & manufacturing (4%).

Alberghi e Tax Credit, il design aiuta la crescita

Dal 2014 a oggi le domande di accesso al Tax Credit per la ristrutturazione e la riqualificazione alberghiera sono aumentate mediamente del 15% l’anno. In tutto, oltre 1,14 miliardi di euro di investimenti, di cui il 33,3% dedicato all’acquisto di arredi e complementi. Il design, quindi, aiuta la crescita del settore dell’ospitalità. E rafforza l’attrazione del made-in -Italy da parte dei turisti stranieri.

“In un mondo che ha sviluppato una straordinaria attrazione per il nostro stile di vita – spiega il ministro delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio –  il design italiano ha compreso e interpretato il fascino che oggetti e arredi ordinari posso portare nella vita quotidiana, in particolar modo nel comparto dell’ospitalità”.

Il valore delle filiere del turismo e del legno-arredo per il made-in-Italy

Il convegno Hotel Reloaded, organizzato da FederlegnoArredo e Confindustria Alberghi a Roma, ha puntato l’attenzione proprio sul valore delle filiere del turismo e del legno-arredo in Italia, evidenziando il ruolo chiave del made-in-Italy per la competitività di entrambi i settori.

L’hospitality è tra i primi servizi sperimentati dai turisti in arrivo in Italia, ed è proprio in albergo che i turisti iniziano ad approfondire la conoscenza del Made in Italy, riporta Adnkronos. “In tal senso, occorrerà riqualificare le nostre strutture alberghiere – continua il ministro -. Il Tax Credit è quindi una misura che intendo proseguire, cercando però di lavorare sulle modalità di interfaccia per le imprese e sui tempi di attivazione”.

Riqualificare la ricettività alberghiera

“Comfort abitativo, massima cura nel dettaglio e attenzione al risparmio energetico – aggiunge Emanuele Orsini, presidente FederlegnoArredo – sono i driver attraverso i quali il sistema dell’arredo italiano contribuisce al rinnovo dell’ospitalità. Il rinnovo del Tax Credit, oltre a rappresentare una grande opportunità per le nostre imprese, darà anche un contributo fondamentale per riqualificare la nostra recettività alberghiera”.

E per Giorgio Palmucci, presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, “il Tax Credit è uno strumento fondamentale per il ruolo di supporto e stimolo alla riqualificazione e all’innovazione del settore”.

Design italiano, “una chiave di successo per l’hôtellerie”

Il turismo, che rappresenta oltre il 13% del Pil nazionale, e la filiera del legno, che vale 41,5 miliardi di euro, sono una combinazione importante per l’economia del Paese. Le aziende alberghiere – continua Palmucci – operano in un contesto di mercato di grande crescita con una domanda, specialmente quella internazionale, attenta a un’offerta alberghiera capace di fornire stimoli, emozioni che arricchiscono e completano l’esperienza di viaggio”.

E se il design italiano è una delle eccellenze del made in Italy secondo Palmucci per l’hôtellerie è “una chiave assoluta di successo”.

Un tatuaggio può costare il posto di lavoro?

Sempre più di moda, e fra tutte le fasce di età e di estrazione sociale, i tatuaggi esprimono personalità, raccontano qualcosa di una persona. Che siano tribali, fantasy, etnici, semplici disegni schematici blu o neri, oppure più elaborati e multicolori, oggi non sono più considerati il vezzo di un ragazzino desideroso di sentirsi grande.

Ma i tatuaggi, a prescindere dall’aspetto estetico, rischiano di rappresentare un problema per accedere ad alcune professioni. Non sempre i recruiter vedono di buon occhio l’inchiostro indelebile inciso sotto la pelle di un candidato. Uno studio dell’Università di Miami smentisce però l’opinione diffusa secondo la quale l’assunzione in un posto di lavoro preveda discriminazioni per i tatuati.

Qualcosa è cambiato

Lo studio, guidato dal professor Michael French, insieme ad altri ricercatori provenienti dall’Università di Miami e da quella di Economia dellAustralia Occidentale, ha preso in considerazione duemila testimonianze di persone raccolte online. La ricerca smentisce l’opinione comune secondo cui un tattoo pregiudicherebbe l’ingresso nel mondo del lavoro, ed è apparsa a inizio agosto sulla rivista americana Sage Journal. Dove si legge che “sorprendentemente non ha trovato prove empiriche di discriminazione sul lavoro, sul salario o sui guadagni nei confronti di persone con vari tipi di tatuaggi”.

Nessuna differenza, aggiunge Quartz, tra chi ne ha uno soltanto o di più. E il successo di un colloquio di lavoro non dipende neppure dal fatto che siano visibili o nascosti dagli abiti.

Chi è senza tatuaggi rischia una discriminazione al contrario?

Un altro studio, Body Art as a Source of Employment Discrimination, condotto dal professore Chris Henle dell’Università del Colorado e pubblicato a luglio dalla Academy of Management Journals, ha cercato di capire se la discriminazione legata a tattoo e piercing sia correlata alla percezione di chi si occupa dei colloqui di lavoro.

Per farlo, il suo team ha messo alla prova 143 manager che nell’ultimo anno si sono occupati di almeno una assunzione per conto della società per la quale lavorano. A loro sono stati mostrati curricula ritenuti ugualmente attrattivi, profili di candidati paragonabili, ma alcuni con fotografie ritoccate con l’aggiunta di tatuaggi, piercing e altri tipi di body art. Risultato? Ad avere più probabilità di assunzione sono stati i candidati senza inchiostro sotto la pelle né decorazioni di sorta.

Cosa prevede la legge italiana

La legge italiana naturalmente non consente di discriminare sulla base di aspetti come i tatuaggi. Via libera ai tatuati, quindi, per i concorsi pubblici e per le occupazioni nella pubblica amministrazione. L’unico ambito nel quale è stata stabilita una norma in materia è quello relativo all’esercito.

Si tratta della Direttiva sulla regolamentazione dell’applicazione di tatuaggi da parte del personale dell’Esercito, una circolare datata 26 luglio 2012, che intende “prevenire e contenere situazioni che possono incidere sul decoro dell’uniforme e sull’immagine dell’Esercito”.

Aumentano gli energy manager: imprese più attente a energia/ambiente

Gli energy manager sono in aumento. “La crescita del numero degli energy manager nominati indica una maggiore attenzione da parte delle imprese alle tematiche energetiche e alla sostenibilità”, spiega Dario Di Santo, direttore di Fire, la Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia.

Nel 2017 sono stati 2.315 gli energy manager nominati (1.564 da soggetti obbligati e 751 da soggetti non obbligati), per una crescita intorno al 6% in 4 anni per i soggetti obbligati e dell’11% in 15 anni considerando anche le nomine di soggetti non obbligati

Si tratta di alcuni dati emersi dal Rapporto annuale di Fire sulla figura professionale dell’energy manager, che quest’anno contiene anche un’indagine sugli incentivi e sulle agevolazioni per le imprese energivore.

Il terziario è il settore con più energy manager

A livello di settori, le imprese che più si avvalgono della consulenza professionale dell’energy managar sono quelle del terziario, i cui numeri continuano a crescere. Buoni però, secondo il rapporto, anche gli altri settori. Fra questi anche la P.A, “non sempre però all’altezza del ruolo esemplare che dovrebbe ricoprire – sottolinea Di Santo -. Le altre buone notizie vengono dall’incremento di energy manager certificati come esperti in gestione dell’energia (Ege), un aspetto importante soprattutto laddove l’energy manager sia nominato come consulente esterno, e dall’incremento delle organizzazioni certificate ISO 50001”.

Le ricadute positive dall’uso più razionale dell’energia

La norma sui sistemi di gestione risulta essere un passo avanti sia per i soggetti che si certificano sia per il Paese. Le imprese infatti ottengono un aumento dell’efficienza energetica più marcato, e avviano una trasformazione delle competenze fondamentale per l’economia green.

Il Paese intero nel suo complesso beneficia delle ricadute multiple dell’uso razionale dell’energia, da minori costi ambientali e sanitari a minore inquinamento, minore dipendenza dall’estero per petrolio e gas.

Nonostante le buone notizie però c’è ancora molto lavoro da fare sulla figura professionale dell’energy manager, e in generale sul contesto lavorativo in cui opera. È quanto si ricava sia dalle rilevazioni sul tasso di inadempienza alla nomina, che resta molto elevato nel settore pubblico, riporta Adnkronos.

Il ruolo dell’energy manager nel Piano Industria 4.0

Alcuni aspetti di rilievo sugli incentivi riguardano il conto termico 2.0 e gli strumenti previsti dal Piano Industria 4.0 che riscuotono favore tra la maggioranza degli operatori. L’indagine rivolta alle imprese energivore ha permesso  di fare emergere alcuni aspetti interessanti per gli energy manager dal punto di vista degli investimenti.

Se da un lato risulta evidente che la riduzione del costo dell’energia per le imprese tenderà ad allungare i tempi di ritorno degli investimenti rispetto al costo non agevolato, dall’altro la maggioranza delle imprese manifatturiere ritiene che molti interventi previsti verranno comunque realizzati. Ampio l’accordo su un’eventuale obbligatorietà della certificazione ISO 50001 per l’accesso all’agevolazione.

In Italia il lavoro si cerca su Facebook

In Italia il lavoro si cerca su Facebook. Il 35% degli italiani in cerca di un’occupazione utilizza il social network per trovare nuove opportunità di carriera e mettersi in contatto con le aziende che sono alla ricerca di personale. Secondo l’Osservatorio di e-work, agenzia per il lavoro, di questi il 53% sono uomini e il 47% donne. La maggior parte sono residenti al Nord (62%), e tra questi il 28% a Milano. Gli stranieri rappresentano il 16% del totale, e la fascia di età che più utilizza Facebook per cercare lavoro è quella tra i 26 e 45 anni (37%), seguita a ruota dagli utenti con età compresa tra i 18 e i 25 anni (35%) e da quella degli over-45 (28%).

“I social network rappresentano un ottimo strumento per chi cerca un’occupazione online”

“Insieme ai siti, ai portali e alle App dedicate al mondo del lavoro, i social network rappresentano un ottimo strumento per chi cerca un’occupazione online”, spiega Paolo Ferrario, presidente e amministratore delegato dell’agenzia per il lavoro e-work.

Se Linkedin resta ancora il punto di riferimento principale per trovare lavoro, Facebook sta diventando uno strumento sempre più importante. E nei prossimi anni si prevede che, come già accade all’estero, a questo scopo verranno utilizzati sempre di più anche Youtube e Twitter, riporta Adnkronos.

I social media hanno una funzionalità circolare

I candidati che in Italia utilizzano Facebook per cercare lavoro nella maggior parte dei casi si occupano di marketing e comunicazione (32%), IT (24%), risorse umane (15%) e amministrazione (12%).

“Il miglior consiglio per chi cerca lavoro in rete è quello di puntare a una politica di trasparenza. I social media hanno una funzionalità circolare. Per chi cerca lavoro rappresentano una chiave per entrare in contatto con il mondo dei recruiter – aggiunge Ferrario -. A noi professionisti, i social vengono in soccorso per avviare la scelta del miglior profilo, ma servono anche per selezionare e quindi tagliare le candidature”.

55 volte su 100 il profilo social fa cambiare idea al selezionatore

A volte i selezionatori decidono infatti di escludere potenziali candidati proprio dopo aver consultato i loro profili online. I social rappresentano quindi la classica arma a doppio taglio.

Il focus sui profili dei candidati viene effettuato non soltanto in fase preliminare, ma spesso anche dopo un colloquio di selezione. E in questo caso 55 volte su 100 il profilo social fa cambiare idea al responsabile della selezione. E il candidato viene escluso.